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L'Emigrazione da un Paese Agricolo della Basilicata
Sant'Arcangelo Terra di Emigranti

ANTONIO MOLFESE
 

PRESENTAZIONE

Fin dagli anni dell'Unità d'Italia la Regione Basilicata è stata caratterizzata da un costante ed intenso flusso di emigrazione, che oggi ci consente di stimare la popolazione di origine lucana residente all'estero pari alla popolazione residente in Regione.
Alla luce dei dati si comprende bene che il tema dell'emigrazione diventa una questione fondamentale, che le Istituzioni hanno l'obbligo di curare per tentare di ricomporre il patrimonio umano e valoriale disseminato in tutto il mondo intensificandone le relazioni.
Il testo del professore Molfese nasce dalla volontà di ricostruire, attraverso i documenti e le leggi promulgate, l'attività legislativa nazionale nonché regionale rispetto al tema dell'emigrazione, analizzando nel dettaglio provvedimenti concreti, i dati ed i flussi migratori di ogni singola regione.
La regione Basilicata da tempo tesse rapporti intensi con le Comunità dei lucani residenti all'estero mettendo in campo progetti dinamici e concertati e che apportino vantaggi reciproci, superando, di fatto, politiche meramente assistenzialiste.
L'idea è quella di dare una giusta risposta all'esigenze dei nostri emigranti e soprattutto ai loro figli, al fine di creare nuove attrattive di connessione con il paese di origine.
Nell'opera del Molfese si intravede una chiave nostalgica del fenomeno migratorio, ma è evidente l'impegno parallelo di "due basilicate", in apparenza distanti, ma molto simili nella volontà di disegnare e realizzare un comune percorso di crescita.

Avv. Prospero De Franchi               
Presidente Consiglio Regionale della Basilicata

 

INTRODUZIONE

L'emigrazione verso la fine del 1800 e finto agli anni 50 è stata un fenomeno che ha interessato numerose regioni d'Italia, tra cui la Basilicata, così massiccio che si è ipotizzato che per numero di emigranti un'altra Basilicata sia dispersa nel nuovo mondo.
Il volume racconta la storia dell'emigrazione in un piccolo paese della Basilicata.
Il dottor Antonio Molfese, medico giornalista, illustra le cause che hanno determinato l'evento, che mostra sempre ed in tutti coloro che ne sono stati protagonisti un comune denominatore di natura psicologica : il desiderio e la speranza di vivere nella nuova sede una vita migliore; certamente non dobbiamo dimenticare che accanto ai motivi economici per alcuni ha contato anche l'effetto propaganda.
Nel paese di cui sono sindaco l'emigrazione è stata causata dalla insufficienza dei mezzi di sussistenza per mancanza di lavoro, per l'esiguità del reddito e per l'esaurimento delle risorse naturali rispetto alla popolazione.
Negli otto capitoli del volume viene illustrato anche con dati statistici il problema in generale, viene descritto come avveniva il trasporto per via mare, le patologie che potevano insorgere, sia negli adulti che nei minori, ed infine una testimonianza autografa di emigrati che, rientrati nel paese di origine, raccontano quanto hanno vissuto di persona.
Il dettagliato elenco degli emigrati in Argentina dal dopoguerra fino agli anni 60, opera di un ex impiegato del Comune che non è più tra noi, vuole essere una ulteriore testimonianza di amore per la propria terra.
Antonio Molfese, medico di bordo part-time, ha saputo cogliere fin nei particolari, in quanto le ha vissute con gli ultimi emigranti, le angosce che il viaggio per mare procurava, in particolare alle donne, che con il solo figlio si avventuravano verso il nuovo mondo per raggiungere il marito che le aveva precedute.
Le foto storiche riportate, che ritraggono il nostro paese, mostrandoci una Sant'Arcangelo di altri tempi, non fanno che impreziosire l'opera.
Mi auguro, inoltre, che il volume possa riaccendere nei nostri compaesani residenti all'estero l'amore verso il loro paese, che hanno lasciato da troppi anni, ma che è sempre pronto ad accoglierli a braccia aperte.
Nelle mie due visite fatte ai connazionali a Buenos Aires, tra il 1995 e il 2004, ho molto apprezzato l'attaccamento al nostro paese ed alle nostre tradizioni, anche da parte dei figli dei nostri emigranti, che oltre a ricordare il dialetto, conoscono bene la storia di Sant'Arcangelo.

Domenico Esposito               
Sindaco del Comune di Sant'Arcangelo

 

IL PERCHÉ DEL LIBRO

Il volume "IMMIGRAZIONE DA UN PAESE AGRICOLO DELLA BASILICATA SANT'ARCANGELO TERRA D'EMIGRANTI" è stato concepito durante l'imbarco come medico di bordo sulla Michelangelo avvenuto verso la fine degli anni 60 nel tratto Genova - New York; il viaggio in nave, come medico, mi ha permesso di osservare ancora (anche se pochi) passeggeri di terza classe considerati a tutti gli effetti emigranti, di osservare la vita che essi conducevano a bordo.
Con l'avvento delle nuove tecnologie, la turbonave Michelangelo, fiore all'occhiello con la gemella Raffaello, della compagnia Italia Navigazione impiegava sei giorni per la traversata ed era considerata un salotto galleggiante per gli ambienti comodi, costosamente arredati e per l'impeccabile servizio che veniva fornito a tutti i passeggeri.
Non così quando con le navi a vapore si impiegava un mese per la traversata ridotta poi a 15 giorni con l'avvento del motore a scoppio che ha completamente rivoluzionato il settore.
Ricordo ancora quanto per ragioni di servizio mi avventuravo nelle cuccette dormitorio (molto contenute nel numero degli occupanti rispetto alle navi dell'800) scrutavo il volto delle donne che, in compagnia del solo bambino, si imbarcavano per raggiungere il marito "nel nuovo mondo".
Portavano tra l'altro immancabilmente con loro una piccola valigetta di legno con un manico nella quale ponevano le cose più care dalle quali non si separavano mai; questa conteneva lettere del marito, fotografie di parenti e amici, figure di santi, un crocifisso, una corona del Rosario, il passaporto un messale, una candela, un pacco di fiammiferi, monete d'argento e valuta corrente...
La valigetta sia di giorno che di notte (come cuscino) era sempre con la donna.
Il problema dell'emigrazione è stato preso in considerazione dal punto di vista generale con l'analisi del fenomeno nelle varie regioni di Italia e delle differenti cause che le hanno generate.
È stato analizzato anche ciò che è avvenuto in Italia, in Basilicata ed in particolare in un paese agricolo dove la emigrazione è stata approfondita nei vari aspetti, e dal quale è scaturito uno studio dettagliato del fenomeno.
L'elenco accurato poi degli emigrati nella Repubblica Argentina dal dopoguerra fino agli anni 70 permette un'analisi approfondita delle composizioni delle famiglie, delle classi sociali e delle cause che hanno determinato il fenomeno.
I dati riportati nella pubblicazione potranno rappresentare la base di partenza da parte di analisti del settore, qualora si volesse approfondire il problema.
Il volume descrive il fenomeno in generale, e riguarda tutte le regioni di Italia, riporta in particolare la storia della emigrazione e le vicende di un paese agricolo di Basilicata dove sono nato.
Verso la fine dell'Ottocento e fino agli anni '50 e '60 si è verificato in Italia il grande movimento migratorio verso le Americhe, alla ricerca di una fortuna che per molti non giunse mai: iniziò allora l'epoca dello sfruttamento in grande stile degli emigranti da parte di taluni armatori senza scrupoli, che si gettarono a corpo morto nel colossale affare, favoriti dalle leggi ancora carenti.
Le prime leggi sull'emigrazione, che portarono un po' d'ordine nella materia, furono emanate dal parlamento italiano il 30 dicembre 1888; secondo le nuove disposizioni, coloro che volevano stipulare contratti di passaggio da parte delle compagnie armatrici avrebbero dovuto munirsi di apposita licenza, concessa dal Ministero degli Interni. Il contratto doveva essere comprensibile anche da parte degli analfabeti (molti in quei tempi); una volta giunti sul fiume Hudson c'erano ad attenderli i controlli di Ellis Island, l'isola dove sostavano gli emigranti in attesa delle visite mediche e psico-attitudinali per essere ammessi negli USA.
Nell'emanazione delle nuove leggi il legislatore si prefiggeva con le numerose disposizioni legislative in materia di Sanità marittima: l'assistenza sanitaria dei passeggeri, la tutela dell'emigrante, la tutela igienica delle navi, mediante il controllo dei viveri, dell'acqua (sia da bere che di lavanda), pulizia dei locali e dei dormitori, carico delle merci.
Nella Conferenza Sanitaria Internazionale di Parigi del 1851, fu affrontata a fondo la questione dei medici e della sanità a bordo, e fu redatto il seguente comunicato: "I bastimenti a vapore, che trasportano passeggeri devono avere un medico, e costui deve vegliare sulla salute dei passeggeri e dell'equipaggio, sulle regole igieniche, e deve tenere un diario di viaggio giorno dopo giorno per annotare le malattie e gli incidenti."
Si ribadiva che l'assistenza doveva essere gratuita per alcune categorie di passeggeri e per l'equipaggio e già si evidenziavano le competenze dell'ufficiale sanitario governativo, con la piena indipendenza del medico dal Regio Commissario, principio, questo, che era stato circostanziato a più riprese.
Nella conferenza internazionale di Roma del 1924 venne definito emigrante "colui che lascia il proprio paese per cercare lavoro all'estero".
La legge del 1901 mise ordine per quanto riguardava la tutela dell'emigrazione, divisa in centrale e periferica: quest'ultima era composta da comitati comunali di cui facevano parte il sindaco, o pretore, il medico condotto, il parroco e un rappresentante della Società di Mutuo Soccorso o delle delegazioni provinciali, che perseguivano lo scopo di sottoporre a visita preliminare color che volevano emigrare.
Gli organi periferici di assistenza agli emigranti avevano poi il compito di impedire la partenza ai soggetti non adatti fisicamente, che sicuramente sarebbero stati respinti una volta giunti a destinazione; i comitati provinciali e comunali effettuavano una prima cernita, ed inviavano i prescelti agli Ispettorati nei porti d'imbarco (Genova, Napoli, Trieste), dove nelle stazioni sanitarie di bonifica i candidati subivano due visite: la prima dai Sanitari dell'Ispettorato e dai Medici di Porto, e la seconda, al momento dell'imbarco, dal Medico della Marina (Regio Commissario) e dal Medico di Bordo.
Gli emigranti, giunti nel porto estero di destinazione, subivano altra visita medica e psicologica, in base alla quale avrebbero potuto essere qualificati, dagli esaminatori, in: contagiosi, tarati mentali o inadatti al lavoro. Alcuni di essi, che avevano già superato tutti gli esami in patria, vennero respinti, non si sa bene se perché veramente ammalati, e perciò incapaci al lavoro, o per un certo pregiudizio nei riguardi delle popolazioni meridionali dell'Europa (degli italiani, innanzi tutto). Le compagnie avevano tutto l'interesse a non far partire dall'Italia gli individui non idonei, perché sarebbero state costrette a riportarli indietro, specie se si considerava che già ad ogni viaggio di ritorno c'era un discreto numero di passeggeri rimpatriati dal consolato ed ammalati indigenti; le agenzie in patria, quindi, raccomandavano il massimo rigore nel selezionare i partenti.
Appartiene alla storia dell'emigrazione quell'isolotto grigio (Ellis Island) di fronte a Manhattan, guardato con apprensione da milioni di emigranti da tutto il mondo, dove venivano visitate le famiglie prima di essere avviate alle rispettive destinazioni. Ma il calvario del candidato alla naturalizzazione non era finito, perché doveva sottostare alla "bossatura", che era un "pizzo" di 50 lire da pagare a qualche boss della camorra, se voleva ottenere un posto di lavoro qualsiasi, vuoi agricolo che industriale. Ma che cosa avrebbe potuto offrire l'America di meglio a quel popolo di analfabeti, che non conosceva una parola di inglese, ma parlava solo il dialetto del paese d'origine?
La fine del 19° secolo e la prima metà del 20° secolo sono state caratterizzate da un importante progresso in termini di potenzialità dell'assistenza medica ai naviganti; l'avvento della radio nel 1897, fornì le basi tecniche per potere assistere a distanza i marittimi imbarcati su navi da parte di un medico lontano. Il 18 novembre 1920 fu la data di concessione della prima licenza radio del mondo rilasciata al Seamen's Church Institute of New York per fornire assistenza e consigli medici ai naviganti, da parte di un team di medici specializzati.
Il 12 dicembre 1901 fu il giorno della prima trasmissione radiotelegrafica attraverso l'Oceano Atlantico ad opera di Guglielmo Marconi.
Senza la sua prodigiosa invenzione, senza le applicazioni della radio, tra cui anche quella di un "matrimonio" tra radio e medicina, dal quale è nata la moderna telemedicina, non sarebbe nato il CIRIv1 ed altre organizzazioni similari.
Non possiamo, con la memoria, non pensare alle migliaia di ammalati curati dal CIRM nei mari e negli oceani, anche ai giorni nostri, ed essere commossi riflettendo al bene che tale straordinaria invenzione ha consentito di operare.

 

PREMESSA

L'emigrazione e la ripercussione che questo evento sociale ha avuto sulla popolazione, specie per alcune regioni è stata molto devastante.
La grande vicenda dell'emigrazione, e dell'emigrazione transoceanica in particolare, rappresenta l'aspetto più doloroso dal punto di vista umano e più gravoso dal punto di vista del mancato sviluppo anche della questione meridionale; ha investito non solo l'economia, ma la società, la cultura, le tradizioni, la coscienza di un popolo, la stessa struttura geofisica di molte regioni è stata messa in discussione. Ma quali sono le cause di questo esodo secolare, che ha dissanguato intere regioni, specie meridionali, delle migliori energie, della forza creatrice di ricchezza e di progresso?
I governanti, gli economisti, i sociologi borghesi hanno sempre fatto ricorso al problema della sovrappopolazione per sostenere l'esigenza di una emigrazione in massa di lavoratori italiani, e soprattutto di lavoratori meridionali; hanno parlato di pressione demografica differenziale tra luogo di provenienza e luogo di destinazione. Neppure la scarsezza di manodopera, dopo le prime grandi emigrazioni, convince i grandi proprietari terrieri a trasformare i metodi produttivi; pur di impedire un rinnovamento dell'agricoltura, essi riducono l'estensione della superficie agraria da coltivare; ai grandi proprietari necessita avere una sovrappopolazione artificiale nelle campagne, perché solo in queste condizioni possono imporre duri patti agrari ai contadini (questa è stata la teoria degli economisti impegnati). È dunque al regime proprietario esistente nelle campagne, specie del meridione, che bisogna risalire per trovare le cause che hanno determinato una fuga così ingente di lavoratori.
Il contadino prima, gli artigiani poi non solo vengono espulsi dalla loro terra e dalle loro botteghe, ma espulsi anche a livello -nazionale; non resta loro che prendere la nave per le Americhe. Non sono le condizioni naturali, ma le condizioni e i rapporti di produzione nelle campagne che generano una eccedenza di popolazione, una sovrappopolazione artificiale che deve essere convinta a emigrare. È, dunque, al modo in cui si è compiuta l'unificazione politica del paese, alla incompiutezza della rivoluzione borghese e alla mancata rivoluzione agraria, al modo particolare e distorto dello sviluppo del capitalismo italiano che bisogna risalire per trovare le ragioni vere del secolare esodo migratorio.
L:emigrazione si sviluppa inizialmente nelle zone montane, poi discende in collina e in pianura e si dirige in prevalenza verso l'America Latina ma anche verso il Nord America.
Comunque, è solo dal 1876 che nel nostro Paese esiste una vera e propria rilevazione statistica dell'emigrazione verso l'estero; di anno in anno, il contingente delle persone che abbandona l'Italia in cerca di un lavoro all'estero si ingrossa sempre più. Dagli anni ottanta in poi l'emigrazione acquista le caratteristiche di un vero e proprio esodo; infatti, all'inizio di quel decennio la crisi agraria che investe tutta l'Europa, mentre nella valle Padana mette in moto un processo di trasformazione colturale, nelle regioni meridionali pone semplicemente fine alla congiuntura favorevole che aveva sollecitato la rapida espansione della coltura del grano nelle campagne. Avvenuta l'unificazione italiana le economie maggiormente protette e meno solide accusarono il colpo improvviso e violento; fra queste, in prima linea, quelle dell'antico Regno delle Due Sicilie. A mala pena la scarsità estrema della viabilità, che rendeva ogni penetrazione lenta e difficile, e la saldezza di certi costumi poterono attutire tale scossa economicamente rivoluzionaria nel mezzogiorno, le vecchie industrie locali, ed anche la maggior parte delle altre che avevano forme più moderne e grandiose, non poterono resistere alla concorrenza, insieme combinata, dei prodotti settentrionali d'Italia e di quelli esteri. Quanto alla agricoltura, essendo essa divenuta sempre più bisognosa di vendere una parte dei propri prodotti fuori della zona per comperare manufatti, si trovò vivamente esposta alle vicende del mercato interno ed esterno e quindi colpita da frequenti crisi e messa nella necessità di trasformare le proprie colture con ingenti perdite e spese per una agricoltura nella quale avevano così alta e naturale importanza le colture arboree. A scambiare le merci che venivano da fuori ed a pagare nuovi e svariati tributi, i prodotti agrari si resero presto insufficienti. L'emigrazione legale (cioè di persone munite di passaporto) da sessantotto province italiane, esclusa la sola Roma, fu nell'anno 1870 di 101.815 individui, cifra corrispondente al quattro per mille della popolazione accertata dal censimento del 1861 ed equivalente all'eccesso medio annuale dei nati sui morti. Vi fu, inoltre, in quell'anno, una emigrazione clandestina di 8643 individui, e quindi gli emigranti arrivarono in totale a 110.458. La nostra emigrazione non era quindi in ragione diretta della ricchezza, dell'istruzione e dell'incivilimento, ma per ogni regione vi furono delle cause ben precise.
Il difetto principale, il vizio cardinale comune dell'emigrazione italiana fu la quasi assoluta deficienza di capitale: erano braccia di uomini che partivano mancanti di ogni fondo di riserva e che, così abbandonati a se stessi, andavano a cimentarsi con tutti i pericoli, con tutte le difficoltà, con tutte le concorrenze!
Da la "Basilicata e il Nuovo Mondo" riportiamo alcune notizie riguardanti Emigrazione e processi di mutamento nelle culture locali. Problemi e prospettive per la ricerca storico-antropologica.
Gli studi sull'emigrazione e la ricerca sociale (1868-1912) ebbero diverse matrici; essi, condotti su un unico tema l'emigrazione in relazione ad area geografica limitata - la Basilicata, trassero origine da numerosi studi ed indagini.
La ricerca condotta da Ausonio Franzoni, tra il 12 novembre ed il 14 dicembre del 1902, ad esempio, fu voluta dalla Presidenza del Consiglio e promossa dal Commissariato dell'Emigrazione per poter arrestare l'esodo lucano che aveva assunto proporzioni che sembravano sempre meno tolleranti; il viaggio di Adolfo Rossi rientrò nelle iniziative intraprese dal Commissariato dell'Emigrazione volte a verificare come mai i Comitati Mandamentali di Emigrazione non funzionassero e con cosa si potessero sostituire; lo studio di Eugenio Azimonti, indirizzato a capire cause ed effetti dell'emigrazione fu invece richiesto dal R. Istituto d'Incoraggiamento di Napoli mentre le indagini di Ascanio Branca e di Francesco Saverio Nitti, si collocarono rispettivamente nell'ambito delle inchieste parlamentari Jacini Sulle Condizioni della Classe Agricola e Faina Sulle condizioni dei Contadini. Oltre a questi interventi in cui il committente fu un soggetto pubblico ed almeno parte delle motivazioni risiedevano nell'individuazione di specifici provvedimenti pratici da avviare in base ai quali è dato asserire che si trattasse di ricerche-intervento, nell'itinerario di lettura proposto compaiono studi che trovarono le proprie ragioni in motivazioni di altro genere. L'indagine di G. Spera, ad esempio, venne a legarsi alle attività del Circolo lucano di Roma presieduto da Giacomo Racioppi, mentre il contributo di Pietro Lacava andò a collocarsi in un denso e nutrito dibattito teorico-politico che, oltre ad essere di scena nelle aule parlamentari, fu discusso sulle pagine di una importante rivista nazionale, la Nuova Antologia. I contributi di Stéphane Piot, di Francesco Coletti e di Costantino Ottolenghi sono invece riconducibili a motivazioni specificatamente accademiche maturate nell'ambito di corsi universitari di Statistica e di Economia Politica, quello del Prefetto di Potenza, Evandro Caravaggio, fu legato al ruolo istituzionale, mentre l'indagine fatta a Parigi dagli esponenti della Società Italiana di Beneficenza, si collegava alle iniziative intraprese dall'Ambasciata Italiana a Parigi. Gli approcci seguiti da Leopoldo Franchetti, dal consigliere provinciale Andrea Corbo e dal medico Giovanni Pica si collocarono in quell'importante filone di studi relativi all'approfondimento di alcuni temi della questione meridionale.

 


 

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