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L'Emigrazione da un Paese Agricolo della Basilicata
Sant'Arcangelo Terra di Emigranti

ANTONIO MOLFESE
 

CAPITOLO VIII°
EMIGRAZIONE DA SANT'ARCANGELO

 

1. GENERALITÀ

I santarcangiolesi preferivano emigrare nell'America del sud piuttosto che in altri Paesi, anche a causa del loro scarso spirito di avventura; in Argentina vi era già un amico o un compaesano che li avrebbero ospitati volentieri, mentre negli Usa o negli altri paesi, verso i quali pur se con difficoltà era possibile emigrare, non si era ancora stabilito alcun conoscente. Solo in pochi approfittarono successivamente della possibilità di emigrare in altri Stati e non a caso, in altri continenti vivono soltanto piccoli gruppi di santarcangiolesi ormai dimenticati. Emigrando soprattutto verso l'Argentina essi mostravano così il volto atavico di persone poco amanti di novità, di spirito di sacrificio e di nuove e originali avventure personali di vita; tuttavia, non risultava facile affrontare una emigrazione in un Paese così lontano come l'Argentina, il cui biglietto di viaggio era molto costoso e raggiungibile a bordo di piroscafi dopo un mese di navigazione e, a volte, anche di più. Oltre all'atto di "richiamo" obbligatorio, era necessario possedere i soldi sufficienti per l'acquisto del biglietto per il lungo viaggio da affrontare per mare; era necessario sottoposti pure alle numerose autorizzazioni degli organi competenti a concedere l'espatrio.
Prima dell'imbarco, da effettuarsi nel porto di Napoli, era obbligatorio -per lo più- sottoporsi ad una estenuante visita medica presso le autorità sanitarie della città partenopea; tale visita, che era molto accurata, non costituiva solo una prassi amministrativa o una semplice formalità di rito. I controlli, infatti, portavano alle volte alla luce alcune situazioni sanitarie che non permettevano il tanto sospirato viaggio: la tubercolosi e le malattie contagiose degli occhi risultavano fra i più diffusi motivi di esclusione. Una semplice congiuntivite, vera o falsa, un tracoma erano causa di esclusione del visto, così alcuni sanitari addetti alle visite mediche degli emigranti trovavano il modo per poter speculare sulle già misere condizioni dei passeggeri. Non fu raro il caso in cui si era costretti a cercare raccomandazioni o offrire ai medici preposti al servizio sanitario regali sottobanco, soldi o scorte alimentari preparate per il lungo viaggio. D'altra parte erano frequenti i casi in cui, non avendo nulla da offrire ai medici per facilitare il nulla osta al viaggio, veniva rimandato il sospirato imbarco ad altra data.
Nel caso in cui si trattava di un intero nucleo familiare in partenza per l'Argentina e per alcuni veniva riscontrato uno stato di malattia che rappresentava un insormontabile intoppo, il viaggio si interrompeva mentre per gli altri proseguiva regolarmente; gli interessati per i quali i medici avevano riscontrato qualche malattia, restavano da soli in Italia, anche se si trattava di figli molto giovani; essi venivano tuttavia aiutati dai parenti a superare le difficoltà burocratiche. Così, chi restava in Italia veniva ospitato da amici o parenti o si recava in albergo per attendere l'imbarco in uno dei successivi viaggi per l'Argentina.

 

2. DALLA DECISIONE DI EMIGRARE ALLA PARTENZA

Se la partenza interessava una intera famiglia, la decisione di emigrare era seguita inevitabilmente dalla domanda: come ottenere tutto il denaro necessario per l'acquisto dei biglietti di viaggio?' Quando non vi erano possibilità economiche sufficienti si ricorreva al prestito contratto fra i compaesani, amici o parenti che risiedevano in Argentina, con la semplice promessa sulla parola della certa restituzione; altro sistema per realizzare il viaggio consisteva nel vendere -in caso di possesso- ogni proprietà della famiglia: case, terreni e suppellettili. L'atto pubblico di vendita, pur trasferendo la proprietà, prescriveva l'usufrutto della casa a favore dei vecchi proprietari fino al giorno della loro partenza; anche il letto rimaneva in uso dei venditori fino all'ultimo istante di permanenza al paese. Fra le suppellettili restavano di proprietà degli emigranti due bauli e il materasso che portavano con se al momento di intraprendere il lungo viaggio: una povertà eloquente!
Naturalmente, dalla decisione di emigrare alla partenza vera, vi era un lungo periodo di tempo durante il quale i venditori riuscivano a trovare gli acquirenti da cui venivano soddisfatti quasi del tutto, senza essere costretti a svendere eccessivamente le loro misere proprietà: lo scopo degli emigranti era di riuscire a realizzare il denaro sufficiente per affrontare almeno il viaggio in tranquille condizioni economiche. Una volta deciso di lasciare il proprio paese, la partenza era quanto di più triste si potesse immaginare: "si sapeva che solo difficilmente quei cari che partivano sarebbero ritornati al paese natio e alle loro abitudini: veramente in quei casi, era valido l'antico proverbio che paragona la partenza al distacco supremo della morte. Gli emigranti partivano in genere di mattina presto dopo una notte passata come in una veglia funebre fra parenti ed amici; poi caricavano i sacchi e i bauli sulle bestie da soma, perché il paese senza ferrovia e senza strade fino agli anni Trenta, non aveva alcun trasporto pubblico e si andava alla stazione più vicina, Pisticci (MT), ad attendere il treno che li avrebbe portati a Napoli. Si salutavano parenti ed amici, si benedicevano i bambini e si consolavano le mogli che dovevano inevitabilmente rimanere nella solitudine a lottare contro la miseria.
Nell'imminenza del viaggio, la casa dei partenti era meta di continue visite di amici e parenti che offrivano in regalo per amicizia, ma anche per un affettuoso ricordo, i prodotti della terra o provviste non deperibili (salame). Altri prodotti venivano affidati anche con la richiesta di portarli in regalo, loro tramite, ad altri amici o parenti già emigrati. Il clima di tali visite era funereo perché tutti avevano la consapevolezza che l'imminente distacco sarebbe stato definitivo e, date le distanze, forse mai, per tutta la vita, sarebbe stato possibile rivedersi. Il giorno della partenza, il giorno dell'addio con l'amico d'infanzia o con l'amato parente, risultava simile al distacco con un proprio congiunto di cui si celebravano i funerali. Si formava un lungo corteo che accompagnava i partenti fino alla periferia del paese -Santantuono- dove avvenivano strazianti scene di addio.
Abbracci, baci e pianti sembravano rievocare la morte di un congiunto caro. In realtà il congiunto o l'amico, con il quale era stato diviso un lungo periodo della propria vita, partiva per non ritornare mai più: partiva verso un futuro di cui non si aveva alcuna reale prospettiva, ma solo speranze per una esistenza meno triste e meno povera. I parenti e gli amici più intimi accompagnavano coloro che partivano, fino al postale che li portava alla stazione ferroviaria di Ferrandina o Montesano e da qui, con l'unico treno della sera, raggiungevano la città di Napoli. I bagagli a mano venivano portati al postale per mezzo di un asino o con un mulo dai parenti più stretti, contenevano gli indumenti da usare nei trenta giorni di viaggio e il cibo per sfamarsi fino all'imbarco racchiuso in una capiente "vertola" una borsa fatta di tela tessuta al telaio, o "stiavuccio", un grande strofinaccio da cucina opportunamente ripiegato. Non mancava il gomitolo di lana che sarebbe servito a lasciare un capo al parente che li accompagnava alla partenza.
I bagagli più pesanti e voluminosi, invece, nei giorni precedenti venivano trasportati con camion a Napoli e poi imbarcati sul bastimento diretto in Argentina. Il campionario dei bagagli era generalmente costituito da un materasso di lana con alcune coperte avvolte fra di loro e due bauli contenenti corredo ed indumenti personali. Il materasso di lana era particolarmente adatto per trasportare al suo interno le provviste, il salame, il baccalà, il formaggio pecorino, le cipolline, le mandorle e i prodotti tipici santarcangiolesi inviati dai compaesani ai congiunti emigrati. Le derrate servivano per essere consumate appena arrivati nel nuovo Paese perché, oltre al richiamo ottenuto, gli emigranti non avrebbero trovato nulla di soddisfacente se non una baracca di legno e un misero giaciglio per dormire e l'occasione per svolgere umili lavori.
A Santantuono (rione di Sant'Antonio Abate dal quale iniziava la strada rotabile) si consumava l'atto di addio con gli strazianti saluti dei parenti che davano l'ultimo sguardo ai congiunti che forse non avrebbe mai più rivisti.
Nel caso della partenza di donne che raggiungevano i propri mariti già emigrati -essendo prive di compagnia maschile- un solo famigliare accompagnava le partenti fino a Napoli2. Assicurandosi che tutte le operazioni doganali non provocassero alcun ulteriore intoppo, dopo il malinconico saluto dalla nave da parte delle migliaia di emigrati che lasciavano il proprio paese in cerca di maggiori fortune, il congiunto ritornava anch'egli tristemente a casa. A volte, però, ritornavano entrambi a causa di veri o falsi motivi sanitari per cui non era stato possibile effettuare l'imbarco a breve scadenza.

 

3. I CONTATTI EPISTOLARI

I santarcangiolesi che erano più legati alla famiglia e che erano riusciti ad ottenere evidenti vantaggi economici dal loro lavoro nel lontano paese, oltre a sottoporsi ad estenuanti viaggi di ritorno per nave, che a causa del mare agitato a volte duravano anche più di trenta giorni per raggiungere l'Italia, tenevano frequenti contatti epistolari; poiché la posta viaggiava per nave, ogni lettera impiegava almeno due-tre mesi per giungere la destinazione. Le mogli, in costante ansia, ogni mattina si sottoponevano al rituale dell'attesa del postino, fermandosi agli angoli strategici dei vicoli o davanti casa "sope o strechielle", presso le proprie abitazioni. Quasi tutte erano analfabete e per conoscere il contenuto delle attese lettere era necessario attendere la sera affinché ritornasse dalla campagna la persona amica che abitualmente godeva della propria fiducia, era capace di mantenere la segretezza, intratteneva la corrispondenza con il congiunto emigrato; altre donne avevano la fortuna di rivolgersi ai signori del paese, sempre liberi e pronti in qualsiasi momento a leggere le lettere altrui. Le missive riferivano, fra l'altro, delle esperienze fatte nel corso del duro viaggio affrontato per mare.
Il viaggio per raggiungere l'Argentina con la nave costava moltissimo e gli emigrati coniarono una suggestiva espressione: "I miei soldi se li mangia l'acqua del mare"; i più nostalgici, coloro i quali preferivano visitare periodicamente i propri familiari in Italia, non riuscivano a racimolare neppure i soldi necessari per far ritorno in America. Così tale situazione li rese consapevoli, nonostante l'emigrazione, della loro sempre evidente povertà per cui gran parte degli emigrati decisero di vendere ogni loro proprietà e far espatriare con sé tutta la famiglia. Innescarono così un processo a catena che, attraverso l'obbligatoria procedura del "richiamo", favorì il fenomeno dell'emigrazione verso l'Argentina per reagire alle condizioni di estrema povertà cui era sottoposta tutta la popolazione contadina. La crisi socio economica italiana raggiunse il suo apice nel secondo dopoguerra e il Governo italiano riuscì a concludere accordi di emigrazione con molti Paesi del mondo: con l'Argentina, che continuava a richiedere manodopera in tutti i settori produttivi.

 

4. L'INTEGRAZIONE CON "IL NUOVO MONDO"

Non tutti gli emigrati santarcangiolesi riuscirono a tenere solidi rapporti epistolari con la propria famiglia rimasta al paese; alcuni non diedero nessun segno della propria esistenza in terra straniera e fecero perdere per sempre le proprie tracce. Arrivando in Argentina, alcuni non trovarono condizioni di proprio gradimento; anzi si trovarono di fronte a condizioni di vita misera, disumana, disagevole e trovarono un ambiente di lavoro ostile e deludente. Solo in pochi si inserirono vantaggiosamente nel mercato del lavoro di quel lontano Paese. I lavori disponibili erano di tutti i tipi, ma i santarcangiolesi in Argentina preferirono svolgere prevalentemente mansioni di manovali in edilizia e di sarti. I più intraprendenti, pur svolgendo un lavoro umile, preferirono fare i bottiglieri per lavorare autonomamente in proprio, ma anche perché era un lavoro molto redditizio, da svolgere con l'ausilio di un semplice carro che l'uomo trascinava lentamente dietro di sé. Raccoglievano in giro per la città di Buenos Aires e pagavano a prezzi convenienti alle varie famiglie le bottiglie di vetro usate, ma anche i giornali, oggetti in bronzo, ferro, piombo ed altro materiale in disuso con lo scopo di rivendere il tutto ai grossisti, i quali lo riciclavano. Anche alcuni santarcangiolesi diventarono ottimi e stimati grossisti, invidiati dai compaesani sia in Argentina che da coloro che vivevano nel paese originario a causa delle migliorate condizioni di vita della famiglia rimasta al paese.
A seguito degli accordi economici sull'emigrazione fra Italia ed Argentina, il viaggio divenne gratuito, per chi lo desiderava; i piroscafi si affollavano di gente in cerca di fortuna. La disoccupazione in Italia era alle stelle e per tutti c'era uno spiraglio di speranza: forse emigrando in Argentina la qualità di vita sarebbe stata migliore. Da Sant'Arcangelo emigrarono singole persone e intere famiglie; con le difficoltà e la vita disagevole, nel nuovo mondo avvenne anche il processo di integrazione.
Lentamente si compì anche l'assimilazione culturale, anche se pure in Argentina i santarcangiolesi preferirono avere un angolo di nostalgia tutto per loro, un angolo per sognare la terra lontana. Ecco che a Buenos Aires, Cordoba, Mar del Plata, essi partecipavano con profonda fede a feste e processioni religiose in onore dei santi venerati al proprio lontano paese: San Rocco, San Michele. Ad opera di benefattori paesani venne costruita una associazione con chiesa annessa, dedicata a S. Michele, nella quale per lungo tempo fu organizzata ed ancora si organizza una piacevole e semplice festa (la sua costruzione venne promossa direttamente da un emigrato santarcangiolese su un terreno di sua proprietà). Nel frattempo nacquero pure altre iniziative importanti così la festa di S. Michele la quale viene officiata nelle ricorrenze che era occasione di incontri, di rimpianti e di nostalgie.

 

5. DATI STATISTICI SULL'EMIGRAZIONE

L'emigrazione da Sant'Arcangelo prese corpo in tutta la sua tragica dimensione; qui come altrove, si trattò di un abbandono in massa dal paese natio, di una protesta contro le condizioni di vita e di lavoro offensive alla dignità umana, in cui la popolazione si trovava da secoli perché sfruttata dalle autorità che si erano succedute. D'altronde qui, come in tutta la Basilicata, non vi erano scioperi, non vi erano associazioni sindacali, non vi era alcuna forma di lotta (chi era scontento se poteva, andava in America, se no, si rassegnava a soffrire). Così l'unica forma vibrante di protesta, di rivolta contro il sottosviluppo e la miseria che rimaneva ai contadini era l'espatrio. Ad emigrare infatti furono proprio i contadini, sempre più miseri e sfruttati, gli artigiani, che solo raramente riuscivano ad unire al magro reddito del loro mestiere i frutti di qualche misero campo coltivato.
Anche i santarcangiolesi si fecero dunque trasportare dal desiderio di migliorare una vita troppo sacrificata e troppo insoddisfacente che portava in molti casi alla disperazione; ma la possibilità di poter cambiare il modo di vivere se da un lato allietava ed entusiasmava gli animi, dall'altro creava non poche paure ed incertezze. La decisione di emigrare infatti non era certo facile: gli emigranti non solo erano poveri ma anche completamente impreparati alla vita che li attendeva e nella maggior parte dei casi analfabeti; si partiva verso un avvenire incerto, pieno di speranza ma con l'animo ricolmo di tristezza.
Questa ricerca sull'emigrazione da Sant'Arcangelo si sofferma in particolare su due periodi: nell'undicennio 1926-1936 e nell'undicennio 1948- 1958. Tale ricerca trova fondamento nelle richieste di passaporto che sono custodite presso l'Archivio Comunale di Sant'Arcangelo.
Analizzando questi due undicenni possiamo approfondire la conoscenza dei caratteri peculiari di questa emigrazione.

 

Tab. 1 - Emigrazione da Sant' Arcangelo (Potenza)

ANNO

MASCHI

FEMMINE

MIN 15 AN.*

TOT.

1926

40

6

/

46

1927

75

12

/

87

1928

28

17

/

45

1929

36

26

1

63

1930

37

15

/

52

1931

29

25

2

54

1932

13

10

/

23

1933

1

2

3

6

1934

/

3

2

5

1935

2

5

5

12

1936

/

4

5

9

Tot. und.

261

125

18

404

*Non se ne distingue il sesso
Fonte: Archivio Comunale di Sant' Arcangelo (PZ)

 

Tab. 2 - Emigrazione da Sant' Arcangelo 1948-1958. Distinzione per sesso

ANNO

MASCHI

FEMMINE

MIN.. 15 AN.*

TOT..

1948

42

24

9

75

1949

60

25

12

97

1950

44

26

6

76

1951

29

45

4

78

1952

58

44

6

108

1953

13

14

10

37

1954

45

22

8

75

1955

42

28

11

81

1956

38

44

9

91

1957

44

29

13

86

1958

10

22

6

38

Tot. und.

425

323

94

842

*Non se ne distingue il sesso
Fonte: Archivio Comunale di Sant' Arcangelo (PZ)

 

Tab. 3 - Emigrazione da Sant' Arcangelo (PZ) 1926-1936. Distinzione per stato civile

ANNO

CONIUG..

CELIB..

CONIUG..

NUBILI

TOT.

1926

32

8

6

/

46

1927

58

17

9

3

87

1928

20

8

11

6

45

1929

25

11

18

8

62

1930

28

9

9

6

52

1931

19

10

17

8

52

1932

10

3

8

2

23

1933

1

/

2

/

3

1934

/

/

3

/

3

1935

2

/

4

1

7

1936

/

/

3

1

4

Tot. und.

195

66

90

35

384

Fonte: Archivio Comunale di Sant Arcangelo (PZ)

 

Tab. 4 - Emigrazione da Sant' Arcangelo 1948-1958. Distinzione per sesso

ANNO

MASCHI

FEMMINE

TOT.

CONIUG..

CELIBI

CONIUG..

NUBILI

1948

28

14

19

5

66

1949

42

18

19

6

85

1950

25

19

20

6

70

1951

21

8

29

16

74

1952

46

12

35

9

102

1953

10

3

12

2

27

1954

40

5

19

3

67

1955

35

7

21

7

70

1956

30

8

33

11

82

1957

35

9

21

8

73

1958

9

1

10

12

32

Tot. uncl.

321

104

238

85

748

 

6. DISTINZIONE PER SESSO E STATO CIVILE: I PRIMI A PARTIRE

Dalla distinzione per sesso, si comprende facilmente che i primi a partire furono gli uomini (tab. n. 1), nella parte coniugati (tab. n. 3 e tab. n. 4). Partirono per prima forse i più intraprendenti, forse i più disperati lasciandosi dietro i più timorosi e dubbiosi; poi seguirono gli altri, sempre più numerosi, invogliati dall'esempio dei compaesani e dalle lettere che arrivavano da chi aveva già trovato una sistemazione nella lontana America. Spinti dalla necessità, partirono dunque per prima gli uomini di età centrale, compresa tra i 15 e 45 anni. Questo naturalmente portò non poche conseguenze negative per il paese in quanto ne modificò la composizione: rimase orfano infatti, dei più giovani e dunque dei più validi che abbandonarono i loro mestieri per andarne a svolgere altri magari mai svolti. Infatti la composizione dell'emigrazione per sesso ha conosciuto varie fasi: solo con il passare degli anni aumentò emigrazione femminile. Ed in seguito aumentò (come si può osservare nella tab. n. 4) anche l'emigrazione di interi gruppi familiari rispetto agli emigranti isolati: è questo indice di ricomposizione del nucleo familiare all'estero ad allentare i rapporti con la madrepatria. Le donne quindi furono chiamate solo dopo che gli uomini avevano trovato una sistemazione adeguata.
È questo uno degli elementi negativi della prima emigrazione tutta maschile: cioè il dramma sociale che vivevano le famiglie di coloro che partivano da soli. Le giovani mogli rimanevano in paese sole a dibattersi per sostenere i figli in tenera età. Ella nella trepida attesa del marito, stava sempre a rammendare i loro vestiti, a cucire toppe su toppe, cercava di risparmiare su ogni spesa, ma il necessario era indispensabile e doveva pensare al modo come sfamare i suoi figli; si adattava così a raccogliere erbe selvatiche che cucinava con i legumi. Dovevano passare mesi dalla partenza del marito prima che ricevesse la lettera che le comunicasse buone notizie, mentre l'accompagnava la speranza di ricevere qualche soldo da restituire allo strozzino perché altrimenti le avrebbe preso anche l'orto. Queste donne furono dette vedove bianche; infatti, oltre a sostenere il peso della casa, la donna, doveva sostenere anche la censura implacabile dell'ambiente: il paese vede giudica chiacchiera; la gente osserva spia e riporta, critica, invidia è pronta a gioire delle altrui disgrazie, perché già soffre per le proprie. Ella conduce una vita avara di affetti; e per il timore e il giudizio della gente e per il bene dei figli accoglie il marito dopo anni di assoluto silenzio; vorrebbe scacciarlo ma non riesce a tradire la religiosa usanza del matrimonio indissolubile se non con la morte. Capitava infatti anche che chi non riusciva a guadagnare, si rifaceva una famiglia con qualche donna del posto portando così riflessi negativi sulla famiglia rimasta in Italia. Nei paesi dove gli emigranti sopraggiunsero, l'aumento della popolazione atta al lavoro, portò maggior sviluppo economico e conseguentemente anche espansione della domanda di lavoro. Gli emigranti santarcangiolesi hanno dato un notevole contributo in questo senso, come tutti gli altri emigranti, sono stati fonte di ricchezza per i paesi che li hanno ospitati. Essi infatti, in conseguenza della loro personalità hanno pensato solo a lavorare e risparmiare.
Gli italiani scriveva il periodico "il Proletario" nel 1905, vengono in America con la sola intenzione di accumulare denaro; vivono come le pecore... Il loro sogno, la sola cura è il gruzzolo di denaro che vanno faticosamente ingrossando, e che darà loro dopo 20 anni di privazioni, la possibilità di una tiepida vita nel paese natio". Niente rispecchia di più il carattere dell'emigrante santarcangiolese: egli è scontroso, un po' appartato, schivo di mettersi in mostra, modesto umile ed orgoglioso, desideroso di lavorare e di apprendere. L'unica ricchezza che portava con sé era la forza delle braccia e l'intelligenza. E questo era quanto chiedeva in particolare la società americana, la quale affidava agli emigranti incolti e senza mestiere i lavori pesanti e negletti dagli altri. Ma a loro poco importava del disprezzo dei cittadini americani, per la loro lingua, il loro accento, la loro ignoranza. Ossessionato dal risparmio sacrificava anche il riposo e a volte faceva venir meno anche quel pudore custodito nel paese natio.

 

7. DISTINZIONE PER PROFESSIONI: L'ABBANDONO DEL VECCHIO MESTIERE DI CONTADINO

Dai dati che riguardano entrambi gli undicenni sottoposti alla ricerca, si evince che l'esodo massiccio verso le Americhe ha interessato tutto il mondo del lavoro santarcangiolese ma coloro che emigrano sia nel I che nel II dopoguerra furono in maggioranza contadini e quindi si trattò di una vera e propria fuga dai campi; l'emigrazione da Sant'Arcangelo, ma come da tutti i paesi del sud, nasce e si consolida sulla dissoluzione del mondo contadino si cui si basava l'economia del paese.

 

Tab. 5 - Emigrazione masch. da Sant' Arcangelo (Potenza)

ANNO

CONT.NO

FABBRO

MURAT.

CALZ.

FALEG.

ALTRO

1926

29

2

1

3

1

4

1927

40

4

6

7

3

6

1928

20

2

4

1

/

1

1929

25

1

5

3

1

1

1930

30

1

3

2

/

1

1931

22

3

2

1

/

1

1932

9

/

2

1

/

1

1933

1

/

/

/

/

/

1934

/

/

/

/

/

/

1935

2

/

/

/

/

/

1936

/

/

/

/

/

/

Tot. Und.

178

13

18

18

5

15

*Comprendiamo nella stessa categoria del contadino, il gualano, il salariato fisso, il bracciante giornaliero, il conduttore in proprio.
Fonte: Archivio Comunale di Sant' Arcangelo (PZ)

 

Sono i figli dei contadini, o contadini stessi, a partire cercando con il mutamento dello stato una promozione sociale; la famiglia dell'emigrante è quasi sempre molto numerosa: è composta da almeno sette o più membri che avevano poche possibilità di vivere una vita dignitosa in quanto il lavoro era troppo sacrificante e rendeva ben poco. Abbiamo incluso nella categoria dei contadini anche i braccianti, i salariati fissi, i pastori; tutte attività legate alla terra, terra che nonostante le fatiche di chi la coltivava non era per niente generosa e costringeva alla miseria (a questo non si è mai posto rimedio con convinzione e razionalità e compiutezza).
I frutti della terra erano veramente meritati dal contadino che con parsimonia e rassegnazione alla fatica, insisteva nel coltivarla con antichi metodi in modo da riuscire a guadagnare per vivere. Emigrando in America, il contadino abbandonava il suo vecchio mestiere per andarne a svolgerne altri che erano già stati rifiutati o scartati da altri immigrati, molte volte i più umili.

 


Tab. 6 - Emigrazione masch. da Sant' Arcangelo (Potenza) 1948-1958. Distinzione per professionisti.

ANNO

CONT.NO

FABBRO

MURAT.

C ALZ.

FALEG.

ALTRO

1948

28

3

4

6

3

/

1949

47

2

5

3

3

/

1950

22

2

6

4

3

/

1951

24

/

1

1

2

1

1952

39

3

3

1

3

8

1953

19

/

/

1

/

/

1954

38

1

2

1

1

3

1955

33

1

1

2

2

3

1956

27

/

/

/

/

5

1957

31

3

2

2

/

3

1958

8

/

1

1

/

/

Tot. Und.

308

15

29

22

19

24

*Comprendiamo nella stessa categoria del contadino, il gualano, il salariato fisso, il bracciante giornaliero, il conduttore in proprio.
Fonte: Archivio Comunale di Sant' Arcangelo (PZ)

 

È risaputo infatti, che le donne meridionali accettavano i lavori più pesanti e più malpagati. Partono dunque prima i piccoli affittuari che conducevano i terreni a "terratico": è questa una forma di piccolo affitto a grano e cioè una famiglia di lavoratori assumeva in affitto una certa estensione di terreno, generalmente nudo e di non grande estensione, ne esercitava la coltura di proprio conto e corrispondeva al proprietario una quantità fissa di grano per ogni unità di terreno. Ma il piccolo affittuario non riusciva neppure ad assicurarsi un compenso adeguato al lavoro personale; d'altronde egli non poteva apportare alcun miglioramento sul fondo oltre che per la brevità del contratto anche per esplicito divieto imposto dal proprietario alla semina di determinati prodotti, alla costruzione di capanne o all'impianto di piantagioni. Non c'è da meravigliarsi dunque se i primi a partire sono i terraticanti. Ma ben presto anche gli artigiani cominciarono a seguire i contadini nella via per l'America e questo perché la domanda di manifatture era sempre minore: la depressione dei livelli di vita delle masse contadine e popolari impoveriva sempre più la loro domanda che si concentrava sulla mera sussistenza.

 

Tab. 7- Emigrazione femm. da Sant' Arcangelo (Potenza) 1948-1958. Distinzione per professionisti.

ANNO

CONTADINA

CASALINGA

ALTRO

1948

6

9

/

1949

11

13

11

1950

12

14

/

1951

27

17

1

1952

19

24

1

1953

9

5

/

1954

10

12

/

1955

16

12

/

1956

20

19

 5

1957

20

9

/

1958

15

7

/

Tot. Undic.

165

165

18

Fonte: Archivio Comunale di Sant' Arcangelo (PZ)

 

I mestieri più diffusi e più semplici come il calzolaio ed il sarto, furono in crisi proprio perché il popolo ben si guardava dallo spendere qualche lira in più per farsi un abito nuovo o un paio di scarpe nuove. C'erano altri bisogni di prima necessità che avevano la precedenza. Così gli artigiani, pur essendo molto capaci nel loro mestiere, furono costretti ad abbandonarlo perché non in grado di vivere con il poco lavoro che gli affidava qualche "signorotto" del paese. Il contadino, molto parco nel vestire, aveva poco bisogno di abiti nuovi in quanto non conduceva alcuna vita sociale; la sera, dopo una giornata di lavoro l'unico desiderio era quello di riposare. L'abito nuovo si faceva cucire solo in rarissime occasioni, in genere il matrimonio, che poi vestiva nei restanti giorni della sua vita.
Infatti, ad interrompere ogni tanto la monotonia dei consueti lavori nei campi e a dare un po' di riposo, a portare un'atmosfera diversa, distesa ed allegra nel paese, erano le feste religiose: queste rappresentavano per il mondo contadino ed artigiano, un grande avvenimento perché così si lasciavano andare anche a spendere quella piccola parte di risparmio che avevano accumulato durante l'anno proprio in vista della festa. Nel giorno della festa sin dal mattino i contadini indossavano il vestito "buono" che poi avrebbero riposto con molta cura in attesa di una nuova occasione per indossarlo; anche la generazione di artigiani andò estinguendosi (sempre di meno erano gli apprendisti), mentre si vide interessata al fenomeno migratorio in misura sempre maggiore. L'antica professione finì per declassarsi in quanto la richiesta era sempre di manovalanza generica, infatti furono pochi quelli che andarono ad esercitare il loro mestiere in altra terra e che ebbero la possibilità di allargare la loro attività. Anni di esperienza e devozione al proprio lavoro venivano messi da parte insieme agli attrezzi che avevano accompagnato l'artigiano fino al momento della decisione di espatriare; mentre si annullavano anche antiche tradizioni ed antichi metodi di lavorazione, che erano stati tramandati fino ad allora da padre in figlio.

 

8. DISTINZIONE PER DESTINAZIONI: PERCHÉ L'AMERICA LATINA?

L'"american dream", il sogno americano coincise con il desiderio di affrancarsi dal peso e dal marchio dell'inferiorità: il sud fornì il contingente
più numeroso alle Americhe; l'istinto del gregge che si impadronì dei "cafoni", trova spiegazione soprattutto 1) nella facilità di accesso al mercato lavorativo americano, 2) nella consapevolezza dell'esistenza in terra americana di illimitate disponibilità di lavoro visto che era cospicua la richiesta di manodopera non qualificata avanzata dai datori di lavoro delle fabbriche, delle miniere, ecc; 3) non poca rilevanza aveva poi l'indubbio fascino di un sistema più liberale. Quindi mentre gli emigranti del nord più qualificati professionalmente, continuarono a preferire i paesi europei, i proletari del sud si diressero quasi esclusivamente verso le Americhe; questa diversità di destinazioni si spiega anche con la differente posizione geografica e con la struttura e il costo dei mezzi di trasporto. Risulta chiaro infatti che per un emigrante meridionale, era più facile e meno costoso raggiungere gli Stati Uniti con un viaggio in nave che inoltrarsi nel cuore della vecchia Europa; spostamenti in massa di interi comuni, andarono a formare delle comunità culturalmente ermetiche nel territorio americano pur nella scarsa considerazione in cui la collettività americana teneva gli emigranti italiani.
Il nome America, dapprima sconosciuto, cominciò a divenire familiare quando arrivò nei paesi un forestiero vestito da vero signore che annunciava che c'era un posto dove era possibile rifugiarsi per sfuggire alla miseria e alla fame; là vi erano ricchezze ad ogni passo e lavoro per tutti: la gente si fermava ad ascoltare ed ammirava i variopinti manifesti raffiguranti l'America. Dopo le prime partenze gli altri seguirono invogliati dalle lettere dei compaesani: niente era più persuasivo della lettera del compaesano che, esagerando un poco, descriveva i vantaggi di vivere in America. Come si può osservare nelle tabelle n. 8 e n. 9, le partenze da Sant'Arcangelo furono sin dall'inizio per Buenos Aires e così continuò l'ondata sempre verso la stessa città per tutti gli anni che interessarono l'esodo transoceanico.

 

Tab. 8 - Emigrazione da Sant' Arcangelo 1926-1936. Distinzione per destinazioni.

ANNO

BUENOS AIRES

NEW YORK

ALTRO*

1926

46

/

/

1927

81

4

2

1928

38

4

3

1929

67

/

/

1930

52

/

/

1931

49

3

4

1932

2!

1

l

1933

6

/

/

1934

4

1

/

1935

9

2

1

1936

8

1

/

Tot. Undic.

381

16

11


* S'intende per altro Montevideo, Santos, Philadelphia. Fonte: Archivio Comunale di Sant' Arcangelo

 

Questo era da attribuire sia al fatto che per l'America Latina i controlli erano assai meno rigorosi, ma soprattutto all'importanza che ebbe il meccanismo 'del richiamò. Se già si doveva affrontare il sacrificio di allontanarsi dal proprio paese e dai propri cari, era sicuramente più conveniente dirigersi dove si potevano trovare persone amiche. L'emigrante, infatti, affrontava la violenza e la rapidità del cambiamento che gli procurava il passaggio dal piccolo paese natio alla grande città industriale (insieme ad un costo anche in termini di salute a causa dell'impatto con una realtà estranea, incomprensibile ed ostile) rifugiandosi in comunità che gli ricreavano la situazione d'origine difendendosi così dall'influenza esterna.
Anche quando erano esaurite le capacità di ricezione, la concentrazione dei flussi migratori si affermava sempre sulle stesse zone. La presenza di conterranei, era il motivo della prima scelta del luogo di destinazione; solo in un secondo tempo la scelta del luogo di definitivo insediamento veniva fatta in base alla possibilità di occupazione e di alloggio nella nuova terra.

 

Tab. 9- Emigrazione da Sant' Arcangelo (Potenza) 1948-1958. Distinzione per destinazioni.

ANNO

BUENOS AIRES

BRASILE

NEW YORK

AL I RO*

1948

55

2

4

1

1949

69

3

5

5

1950

61

1

/

2

1951

62

3

4

2

1952

46

8

2

1

1953

27

/

1

/

1954

51

9

4

3

19555

48

12

7

2

1956

60

15

9

4

1957

56

11

6

2

1958

20

4

5

/

Tot. Undic.

555

68

47

95

* S'intende per altro Montevideo, Santos, Philadelphia. Fonte: Archivio Comunale di Sant' Arcangelo

 

L'emigrazione in Argentina diventò allora un vero e proprio fenomeno di massa dove affluirono le migliaia di meridionali, tutti passeggeri di terza classe, pieni di speranza in una vita migliore.

 

9. CONCLUSIONE

In conclusione cosa ha significato emigrazione per il Meridione dopo l'Unità d'Italia e specie per alcuni paesi agricoli come Sant'Arcangelo? È stato un "male necessario" come molti studiosi lo hanno definito, oppure si poteva evitare con una politica più attenta ai problemi che attanagliavano il nostro Sud?.
"Ciò che per il settentrione è stata la grande industria, per il Mezzogiorno è stata l'emigrazione; in questo modo, con diversi mezzi, il nuovo regime soddisfaceva gli antichi bisogni delle popolazioni" ha scritto Colletti nel suo saggio Dell'Emigrazione.
Nei decenni successivi l'unificazione, questa affermazione avrebbe trovato puntuale conferma poiché l'esistenza di una struttura economica e sociale insensibile ai miglioramenti, la scarsa possibilità di utilizzazione delle forze- lavoro a livelli di produttività adeguati a quelli che si potevano conseguire altrove, la bassa remunerazione di un'agricoltura generalmente povera, lo stato di isolamento, furono tutti fattori che contribuirono ad assegnare all'emigrazione un'interpretazione utilitaristica, a considerarla come l'industria più importante per il sud. E poco importava al contadino o al bracciante se l'esodo verso il nuovo mondo mandasse in crisi la borghesia che all'improvviso doveva fare i conti con l'aumento dei costi della manodopera. D'altronde era stata proprio la borghesia che con i "salari da fame" che imponeva aveva creato quella situazione insostenibile per le classi meno abbienti. Ecco che l'emigrazione diviene la risposta della povera gente ad una situazione obiettivamente difficile, una protesta contro ataviche ingiustizie, un male necessario per tentare di liberarsi dalla povertà economica che si era impadronita della gente del sud. Si può parlare comunque anche di vantaggi seppure in maniera limitata. Le rimesse hanno avuto un ruolo determinante infatti migliorò lo stesso regime alimentare; la priorità della soddisfazione dei bisogni della famiglia, fece in modo che le rimesse ricevute dalla fascia più povera della popolazione si traducessero proprio nell'aumento dei consumi di base e durevoli. Non meno importante fu poi il debella- mento del brigantaggio e dell'usura, la nascita anche nei più bassi strati sociali del desiderio e del bisogno dell'alfabetizzazione. Ma le rimesse migliorarono sì le condizioni economiche degli interessati, ma non innescarono quel processo di sviluppo economico che si auspicava; questo perché non si poteva compensare quel processo di formazione del capitale, indispensabile per gli investimenti produttivi venuto a mancare, sia per l'ignavia dello Stato, sia per l'assenza delle forze più dinamiche, sia per il lassismo di quanti restarono.
Il governo dal canto suo non promosse alcun piano di sviluppo e di industrializzazione per il sud che continuò a crogiolarsi in un'economia parassitaria, mentre gli enormi capitali giunti al sud finirono paradossalmente per finanziare l'industria del nord. Sant'Arcangelo, piccolo centro della Basilicata ben si inserisce in questo contesto storico-sociale. Dai dati raccolti per i due undicenni si infatti comprende facilmente che molta parte della popolazione scelse la soluzione di emigrare piuttosto che continuare a spezzarsi la schiena nei campi dei ricchi per un salario ai limiti della sopravvivenza. I sacrifici di questi emigranti non sono stati comunque del tutto vani; anche se tanti campi sono affidati ormai alle cura degli anziani e dei vecchi e vanno a poco a poco deperendo, si è avuto nel paese un evidente progresso sociale ed economico visibile anche esternamente nell'aspetto più decoroso delle abitazioni, che fino a qualche decennio fa, presentavano un aspetto molto modesto e quasi misero e poi anche nel più altro tenore di vita di tutti i cittadini. Ma questa soluzione ha avuto effetti temporanei per chi è tornato al proprio paese: si constata con amarezza che per l'assenza di investimenti nulla è cambiato. Se da una parte si ammette che si può ancora vivere una vita senza troppi problemi (delinquenza, corruzione) dall'altra si constata che per i giovani santarcangiolesi la vita è monotona, precaria, priva di sbocchi e costringe ancora oggi a cercare altrove la propria realizzazione. Mentre l'agricoltura continua ad essere di più abbandonata e a non costituire più attività primaria, bensì solo impiego dei più anziani, tra i giovani rimane in paese solo chi è riuscito ad occupare un impiego pubblico. Tutto questo è proprio triste!

 

Note

1 La moneta per viaggiare si prendeva di solito in prestito da uno strozzino, impegnando un piccolo orto per un periodo di tempo. Oppure si vendeva il tugurio dove si abitava, il pezzo di terreno che gli dava da vivere o la bestia utilizzata per lavorare la terra. Chi non possedeva nè casa nè terra, si faceva anticipare anche da qualcuno che già si trovava in America. In tutti i casi l'affare non era certo per l'emigrante la somma con interessi molto salati ed ai limiti dell'usura, se invece accettava l'anticipazione di qualcuno che aveva fatto fortuna in America, partendo senza contratto finiva per andare a lavorare nei campi di chi aveva anticipato i soldi per il biglietto e per il passaporto. L'alternativa, una volta giunto in America era una sola: tornare a spese dello Stato, in Italia dove non avrebbe però trovato più nulla avendo investito tutto nel viaggio d'oltreoceano,

2 Da Napoli cominciava la lunga e triste navigazione, nell'amarezza del distacco recente ma con il cuore speranzoso di una vita più facile e più lieta. Ma a volte lo stesso viaggio era un autentico calvario, sia perché i vapori utilizzati per attraversare l'oceano erano spesso vecchi e poco consoni alla situazione, sia perché erano così sovraffollati che spesso divenivano focolai di infezione.


 

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