SYDENHAM: IL FAUTORE DELLA
MEDICINA CLINICA
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L'ILLUSTRAZIONE
Thomas Sydenham, medico inglese
del XVII secolo (1624-89), viene raffigurato al capezzale di un
malato: l'unico luogo dove, secondo lui, i medici potevano
apprendere qualcosa sulle malattie. Il suo abbigliamento puritano è
in netto contrasto con gli abiti alla moda indossati dal suo intimo
amico John Locke, medico e filosofo, che spesso lo accompagnava
nelle visite ai pazienti. Le semplici e schiette osservazioni di
Sydenham, pubblicate e accolte con entusiasmo in diversi paesi, gli
fecero guadagnare dopo la morte l'appellativo di 'Ippocrate inglese'
e 'Padre della medicina clinica inglese'.
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PREMESSA
Il
capezzale del malato è l'unico luogo dove si possa imparare qualcosa sulle
malattie.
Il
progressivo allontanamento del medico dal capezzale del malato è una delle
più notevoli caratteristiche della medicina durante la prima metà del XVII
secolo; ciò fu determinato soprattutto dall'entusiasmo che un nuovo metodo
e nuove scoperte suscitarono negli studiosi. La pratica dei 'medici
moderni' era basata su consulti chiesti e inviati anche a distanza, senza
la visita diretta del malato; nel caso che il paziente si fosse recato dal
medico, a questi bastava una descrizione dei sintomi, senza una accurata
visita, per pronunciare la sua diagnosi e, quindi, indicare eventualmente
la cura.
Questo atteggiamento era dovuto alla assoluta convinzione che tutto fosse
risolvibile attraverso «le matematiche dimostrazioni» e sulla scorta di
una perfetta conoscenza del meccanismo del corpo umano; per cui, dati quei
determinati sintomi, tramite una rigorosa applicazione del ragionamento
matematico, dal fatto meccanico si giungeva con sicurezza assoluta alla
comprensione di quale apparato della macchina fosse 'sconcertato' e per
conseguenza all'indicazione della cura necessaria. In altre parole, il
'medico moderno' non si avvicinava al letto del malato, non perché
trascurasse o non avvertisse l'importanza della sua missione, ma perché
non lo riteneva necessario.
Una vera e propria crociata per il ritorno del medico al capezzale del
paziente fu condotta da Thomas Sydenham (1624-89), che ebbe come alleati e
continuatori in questa impresa alcune fra le più belle menti della seconda
metà del secolo, primo fra tutti Giovanni Maria Lancisi, medico personale
dei Papi Innocenzo XI, Clemente XI e Innocenzo XII.
Nel Medioevo, gli studi e la pratica della medicina si erano fondati sui
libri e non sui pazienti, ma gli spiriti ribelli del Rinascimento
rivoluzionarono questa usanza e fecero sì che venisse data più importanza
ai pazienti che non ai filosofi. In particolare, il XVII secolo segnò
l'inizio di un'era di scoperte e di riscoperte e mai prima di allora la
professione medica aveva subito una trasformazione così rapida. In Gran
Bretagna, in particolare, la maggior parte dei medici non facevano alcun
tipo di tirocinio in ospedale prima di intraprendere la professione, e
facevano le loro esperienze a spese dei pazienti.
In questo quadro storico così complesso Sydenham iniziò a Londra la sua
brillante carriera medica. Egli riusciva facilmente a guadagnarsi la
fiducia dei suoi pazienti con la sua sincera onestà e la forza di
carattere: esigeva infatti che gli ammalati seguissero fedelmente le sue
indicazioni. Se necessario, ricorreva anche a misure drastiche e non era
parsimonioso con le medicine, sebbene in alcuni casi ritenesse di non
doverne prescrivere alcuna.
Sydenham è considerato il più grande clinico del XVII secolo ed è stato
giustamente soprannominato 'l'Ippocrate inglese'. Egli, infatti, riuscì a
liberare la medicina dai ceppi di quelle scuole e di quei sistemi, che
erano venuti a prendere il posto dello scolasticismo medievale; la sua
scarsa pazienza di fronte al sapere libresco e il poco rispetto per le
scienze fondamentali risultano dai noti aneddoti, raccontati da due suoi
allievi(1).
Nato a Wynford Eagle, nel Dorset, Sydenham proveniva da una famiglia
puritana e benestante e poco sappiamo della sua gioventù, prima che la
guerra civile venisse a interrompere i suoi studi a Oxford(2).
Sebbene egli non vi accenni affatto nelle sue opere, fu probabilmente
l'esperienza militare a far maturare in Sydenham la comprensione umana e
l'intuito, di cui diede tanta prova; tra suoi amici a Oxford vi furono il
fisico Robert Boyle e il medico e filosofo John Locke, mentre è
improbabile che Sydenham abbia mai fatto la conoscenza di Harvey, il quale
— com'è noto — era dalla parte dei lealisti.
Laureatosi a Oxford, Sydenham prosegui gli studi medici a Montpellier, per
stabilirsi poi a esercitare la professione a Londra; date le sue opinioni
politiche, non fu mai accolto come socio nel Royal College of Physicians e
l'aver egli acquistato tanti meriti in campo medico, malgrado le
difficoltà e l'opposizione incontrate, merita quindi una grande
ammirazione. Pur non essendo medico di corte, Sydenham ebbe nella sua
vasta clientela molte persone di rango. I ritratti ce lo presentano come
un uomo robusto, dai capelli lunghi, dall'espressione grave e allo stesso
tempo amabile. Era affabile e modesto, schivava la popolarità, e il valore
della sua opera non fu riconosciuto in vita(3).
Al contrario, i suoi libri furono molto ricercati dopo la sua morte e si
racconta che Hermann Boerhaave, durante le sue lezioni a Leida, usasse
levarsi il cappello ogni volta che faceva il suo nome.
Sydenham, affetto da gotta fin da giovane, invecchiando soffrì molto anche
di calcolosi. Morì nel 1689 e fu sepolto nella chiesa di San Giacomo a
Piccadilly, ove, nel 1810, il College of Physicians pose una lapide in sua
memoria. La sua produzione scientifica non è molto voluminosa; i libri più
noti sono le Medica! Observations, dedicate alle malattie infettive(4),
e A Treatise on Gota(5).
Il periodo di cui ci stiamo occupando merita uno studio approfondito non
solo per le mirabili ricerche svolte da Harvey, dagli anatomici olandesi,
dai pionieri della microscopia e dai giovani fisiologi di Oxford, ma anche
in considerazione di alcune correnti di pensiero che ebbero molta
importanza per il progresso della medicina clinica. Il Seicento ebbe fra i
suoi figli una lunga teoria di ricercatori pieni d'ingegno, alcuni dei
quali pensarono di poter spiegare tutti i fenomeni della salute e della
malattia su basi puramente materialistiche.
Un colpo di timone, atto a correggere questa tendenza alla teorizzazione,
venne, intorno alla metà del secolo, proprio dall'insegnamento di Thomas
Sydenham, che consigliò il ritorno ai metodi ippocratici, ricordando ai
medici che la loro non è solo scienza, ma anche arte.
Vi era, nella medicina dell'epoca, anche un sottofondo di superstizione,
tant'è vero che Richard Wiseman, il chirurgo più rinomato dei suoi tempi,
credeva all'efficacia del 'tocco regale' nella scrofola e perfino il
sapientissimo sir Thomas Browne affermava l'esistenza delle streghe.
All'inizio del secolo fecero la loro comparsa due strane teorie; dovunque
si faceva sentire, a quell'epoca, il desiderio di metter da parte il
passato, sostituendo alle opinioni tradizionali idee nuove e originali.
Non poche di queste nuove idee erano arzigogolate e, se spinte
all'estremo, anche assurde, ma servirono da gradini per giungere a una
nuova conoscenza e come tali meritano di figurare nella storia della
medicina secentesca.
Una delle teorie cui abbiamo accennato, detta 'iatrofisica' o
`iatromeccanica', considerava il corpo come una macchina, sforzandosi di
spiegarne il funzionamento, tanto nella salute quanto nella malattia,
intermini fisici e meccanici. Un'altra, invece, chiamata 'iatrochimica',
preferiva considerare la vita come una serie di reazioni o processi
chimici, e il corpo come una sorta di provetta.
Sydenham era soprattutto un clinico, avverso alle idee e della scuola
iatrofisica e di quella iatrochimica; il suo metodo era quello di
osservare e annotare con ogni cura le manifestazioni della malattia,
animato com'era della massima venerazione per la mentalità ippocratica.
Dal punto di vista terapeutico preferiva i rimedi semplici: trattava le
malattie febbrili con metodi atti ad abbassare la temperatura, ai tisici
consigliava di cavalcare all'aria aperta; andava cauto nel prescrivere
salassi e fu uno dei primi a somministrare ferro agli anemici. Favoriva
inoltre l'uso della scorza di china, da poco importata dal Perù, per il
trattamento della malaria, malattia molto grave e molto diffusa in Gran
Bretagna durante il XVII secolo. Per la sifilide raccomandava le
fregagioni con unguenti mercuriali fino a provocare abbondante
salivazione, credendo che fosse questa, non già il mercurio, ad avere
effetto salutare.
Uno dei rimedi cui ricorreva più volentieri era l'oppio, sotto forma di
tintura, con l'aggiunta di zafferano, garofano e cannella: il 'laudano di
Sydenham', usato su vasta scala per molti anni.
Tuttavia, il maggior servizio reso da questo grande clinico alla medicina
fu quello di distogliere gli uomini dalla speculazione, riconducendoli al
capezzale dell'ammalato, l'unico luogo adatto per apprendere l'arte
sanitaria.
LA
SCHEDA
Nel
Medioevo lo studio e la pratica della medicina si basavano sui libri e non
sui pazienti; ma gli spiriti ribelli del Rinascimento rivoluzionarono
questa comoda e statica prassi e fecero in modo che venisse data più
importanza ai pazienti che non ai filosofi. Il XVII secolo segnò l'inizio
di un'era di scoperte e di riscoperte mediche. «Mai la professione medica
aveva subito una trasformazione così rapida» afferma Joseph Payne «come
quella che si verificò a Londra dopo la Restaurazione (nel 1660 circa).
Prima delle guerre civili (iniziate nel 1642), i medici di Londra
costituivano una classe ristretta e nell'insieme molto omogenea, che aveva
come punto di riferimento la tradizione galenica [...] le tradizioni della
scuola classica godevano ancora di una incondizionata preponderanza [...]
L'unica scuola di medicina che si distingueva con una sua denominazione, e
che costituiva una scuola pratica a parte, era quella Chimica o Spagirica,
di cui facevano parte i discepoli di Paracelso e di van Helmont [...] ma
la loro insopportabile presunzione di infallibilità e l'abitudine di
tenere segreti i loro rimedi fece sì che venissero messi al bando dal
College of Physicians. Durante le guerre civili e nel periodo del
Commonwealth, tuttavia, il sovvertimento del pensiero comune e il
disprezzo per le opinioni tradizionali favorì in qualche modo
l'eterodossia [...] Dopo la Restaurazione i vincoli imposti alla
disciplina professionale furono resi ancora più rigidi [...] ma il
conflitto tra opinioni e metodi contrastanti divenne più aspro che mai
[...] lo sviluppo della fisica tese ovviamente a promuovere un
atteggiamento di scetticismo nei confronti di tutte le dottrine
tradizionali [...]
L'abitudine dei giovani appena laureati in medicina di trascorrere un
breve periodo in uno degli ospedali di Londra era ancora poco diffusa, e
la maggior parte dei medici di allora, a meno che non avesse studiato
all'estero, non aveva mai lavorato in un ospedale e faceva esperienza a
spese dei primi pazienti.
Un altro fattore, che nella seconda metà del secolo contribuì a creare
confusione e a favorire il cambiamento, fu lo stesso re Carlo II. Se da un
lato si dice che egli avesse promulgato una normativa medica molto
conservatrice, dall'altro, a causa del suo interesse per le scienze, era
solito offrire la propria protezione a ogni genere di ciarlatani.
Fu in questo variegato contesto medico che Thomas Sydenham iniziò la sua
carriera medica a Londra. È sorprendente come, in una tale confusione di
pratiche mediche e di imperizia, egli riuscisse a distinguersi dai suoi
contemporanei, diventando il più famoso medico clinico inglese del secolo.
Sydenham viene descritto come un uomo dalla corporatura robusta,
carnagione rubizza, occhi grigi, capelli castani, poi diventati grigi, che
egli portava lunghi e senza parrucca. Le sue maniere erano semplici, come
pure il modo di vestire, in sintonia con un'educazione puritana. Egli era
essenzialmente un uomo d'azione in un'epoca in cui i medici erano invece
in gran parte uomini di lettere.
Thomas Sydenham nacque nel 1624 a Wynford Eagle, nella regione
dell'Inghilterra chiamata Dorsetshire, ottavo dei dieci figli di William
Sydenham e della moglie Mary. La sua estrazione sociale era vicina a
quella di Oliver Cromwell, di cui fu un fedele servitore. Sydenham
proveniva da un'antica famiglia di proprietari terrieri benestanti che
avevano abbracciato gli ideali puritani: il padre prestò servizio come
Capitano nell'esercito parlamentare puritano, mentre la madre fu uccisa
dai soldati fedeli al Re. Dei suoi sei fratelli maschi, quattro prestarono
servizio nella cavalleria parlamentare e due morirono in battaglia, mentre
il fratello maggiore, il Colonnello William Sydenham, divenne famoso come
leader militare e politico.
A diciotto anni, Thomas Sydenham si iscrisse all'Università di Oxford e,
il 20 maggio del 1642, entrò al Magdalen Hall College. Aveva appena
iniziato gli studi quando gli eventi politici diedero un nuovo corso alla
sua vita. Nell'estate del 1642 il conflitto tra il re Carlo I e il
Parlamento si stava ormai avviando verso la rottura finale. L'ambiente
familiare in cui Sydenham era cresciuto, e l'orientamento politico diffuso
nella sua Contea d'origine, lo fecero inevitabilmente schierare dalla
parte del Parlamento e quella stessa estate egli lasciò Oxford per
arruolarsi nella cavalleria parlamentare, dove gli fu assegnato il grado
di Capitano.
Ritornato a Oxford nel 1647, Sydenham si trasferì al Wadham College per
studiare medicina. Come altri giovani del suo tempo, in quanto membro del
partito che aveva vinto si vide conferire, il 14 aprile 1648, la laurea in
medicina per ordine del Conte di Pembroke. Verso la fine dello stesso
anno, fu chiamato a insegnare all'Ali Souls' College, in sostituzione di
un docente monarchico espulso. Sebbene fosse intimo amico di Robert Boyle,
Sydenham non prese parte alle attività del gruppo filosofico e scientifico
conosciuto come 'il collegio invisibile', precursore della Royal Society.
Dagli archivi dell'Ali Souls' College si evince che Sydenham, eccetto che
per un altro breve periodo di servizio militare nel 1650, vi portò avanti
la sua attività di docente fino al 1655. I registri parrocchiali del
Wynford Eagle riportano il matrimonio di Thomas Sydenham e Mary Gee, in
quello stesso anno. Poco dopo, egli mise su casa e iniziò a praticare
medicina nel quartiere di Westminster, a Londra.
Negli anni che vanno dal 1659 al 1661 Sydenham studiò all'Università di
Montpellier, in Francia. Allontanarsi da Londra proprio in quel periodo fu
un'ottima scelta, dal momento che nel maggio del 1660 ci fu la
Restaurazione di Carlo II. Per fortuna, grazie alla Legge di Remissione,
per Sydenham non vi furono conseguenze gravi, e nel 1661 poté ritornare a
Londra per riprendere a praticare la professione medica. Nel 1663, all'età
di 39 anni, ottenne l'abilitazione dal Royal College of Physicians, ma non
raggiunse mai i gradi più elevati della carriera universitaria, forse a
causa dei suoi precedenti coinvolgimenti politici, o forse perché conseguì
il dottorato solo nel 1676, a Cambridge. Comunque, considerato il suo
carattere, è probabile che egli non tenesse molto agli onori della
carriera accademica. Tuttavia, nel corso degli anni strinse amicizia con
diversi eminenti accademici e sui registri ufficiali del College il nome
di Sydenham viene spesso menzionato in termini che denotano il massimo
rispetto.
Dopo che si fu stabilito a Londra per la seconda volta, sembra che
Sydenham sia stato un medico molto attivo, valido e rispettato. Sebbene a
volte si lagnasse del fatto che l'attività politica dei suoi oppositori
gli impedisse di ottenere degli incarichi vantaggiosi, sembra comunque che
non gli mancassero i pazienti, tenuto anche conto del suo precario stato
di salute. La gotta, infatti, iniziò ad affliggerlo già prima dei trent'anni
e fu per lui un fardello più o meno costante per tutta la vita.
Nella pratica medica Sydenham riusciva facilmente a guadagnarsi la fiducia
dei pazienti con la sua schietta onestà e il suo carattere forte. Esigeva
che le proprie istruzioni venissero seguite alla lettera; ricorreva,
quando lo riteneva necessario, a misure drastiche e non era parsimonioso
con le medicine, sebbene in alcuni casi non le usasse affatto.
Raccomandava sempre di usare la corteccia peruviana per curare la febbre
intermittente e fu uno dei primi a prescrivere la corteccia, talvolta con
aggiunta di ferro, come tonico.
Il nome di Sydenham è associato alla forma liquida del laudano: prima di
lui l'estratto di oppio veniva usato solo in forma solida. A volte i suoi
metodi erano bizzarri, come quello di tenere un cucciolo di cane sullo
stomaco del paziente o di far coricare un bambino o una bambina nel letto
del paziente (una sorta di antecedente della borsa dell'acqua calda).
Fuggito da Londra con tutta la famiglia durante la peste del 1665, come
fecero anche molti dei suoi colleghi (la fuga era l'unica misura
preventiva efficace, e a quell'epoca un'azione del genere non era
considerata contraria all'etica), Sydenham impiegò il tempo del suo
forzato esilio in campagna scrivendo il suo primo libro di medicina sulle
febbri. Il volume è basato sulle osservazioni che egli aveva annotato e
raccolto sin dal 1661. Il suo quartiere era noto per l'alta incidenza di
malattie febbrili. La prima edizione del volume, in latino, fu pubblicata
nel 1666, era costituita da 156 pagine ed era dedicata all'Onorevole
Robert Boyle. L'opera ricevette una critica favorevole in Inghilterra e fu
accolta con entusiasmo nel Continente, tanto da essere ristampata in vari
paesi. Nel 1668 uscì una seconda e più ampia edizione, con una poesia
introduttiva del dottor John Locke, intimo amico di Sydenham, il quale,
sebbene fosse un medico, è noto soprattutto come filosofo e politico.
Locke condivideva molte delle idee eterodosse di Sydenham, ivi incluso il
disprezzo per l'anatomia, e spesso lo accompagnava nelle visite ai
pazienti.
Nel 1676 Sydenham pubblicò le Osservazioni mediche. Si tratta di un'opera
quattro volte più lunga del libro sulle febbri, nella quale viene
recuperato molto del precedente lavoro. In quest'opera Sydenham analizza
ampiamente le epidemie, e proprio per questo suo libro lo si considera
l'iniziatore della scienza dell'epidemiologia. Seguono, nel 1680, un
trattato sul vaiolo e sull'isteria, e nel 1683 un saggio sulla gotta e
sull'idropisia. Dalla sua penna uscì una pubblicazione dopo l'altra, fin
quando attacchi di gotta sempre più forti non limitarono la sua attività.
Le opere di Sydenham si basano sulle sue osservazioni, e solo raramente
egli fa riferimento ad altri scrittori o li cita. Ippocrate è l'unico
esponente della scuola classica che egli teneva in grande considerazione.
Le sue descrizioni di malattie come la gotta, l'isteria, la corea minore
(ancora chiamata 'corea di Sydenham') la dissenteria, la scarlattina e il
morbillo sono diventate un classico della medicina.
Negli ultimi anni la tortura dei calcoli alle vie urinarie si aggiunse
alle sofferenze causate dalla gotta. Morì il 29 dicembre 1689 nella sua
casa a Pall Mall e fu seppellito nella chiesa di St. James, a Westminster.
Già nei primi decenni del XVIII secolo la fama di Sydenham era ben
attestata anche all'estero, e nelle sue conferenze al Royal College of
Physicians Harvey gli attribuisce con orgoglio l'appellativo di 'Ippocrate
inglese'. Col suo operato rappresentò il primo modello del vero metodo
clinico, che rispecchiava fedelmente il suo spirito indipendente e privo
di pregiudizi, abbinato a un'acuta capacità di osservazione. «Il grande
puritano» dice Payne «fece della sua professione una parte della sua
religione: perseguì il compito di arricchire le conoscenze umane e curare
i malati, con lo stesso zelo che altri avevano posto in quelle che sono
considerate delle vocazioni più sacre». Egli merita davvero il titolo,
attribuitogli dopo la morte, di 'Padre della medicina clinica inglese'.
NOTE
1 -
Sir Richard Blackmore, avendo chiesto al maestro consigli circa un buon
testo di medicina, si sentì rispondere: «Legga il Don Chi- sciatte, è un
ottimo libro. Lo leggo sempre anch'io». E a sir Hans Sloane, che gli si
era presentato con un attestato che lo descriveva 'buon botanico e
anatomico capace', disse: «Anatomia, botanica, sciocchezze! Giovanotto,
vada al capezzale dell'ammalato; è l'unico posto dove possa imparare
qualcosa sulle malattie». Più tardi, quando Sloane ventilava il progetto
di andare a raccogliere piante in Giamaica, Sydenham gli consigliò di
affogarsi piuttosto nel laghetto, quando, tornando a casa, avrebbe
attraversato St. James' Park. Tali erano le vedute di questo medico che,
al momento opportuno nella storia della medicina, dimostrò come il buon
senso valesse più di tante fumose teorie.
2 - Dal
momento che il padre e quattro dei suoi fratelli già militavano
nell'esercito di Cromwell, anche il giovane Thomas vi si arruolò,
prestando servizio per quattro anni come Capitano di uno quadrone di
cavalleria.
3 -
Anche in vita, tuttavia,
Sydenham ebbe alcuni ammiratori, tra i quali il suo allievo Thomas Dover
(1660-1742), chirurgo navale e bucaniere, che salvò Alexander Selkirk (Robinson
Crusoe). Ancor oggi si usa la famosa polvere di Dover e il suo libro,
intitolato curiosamente The Ancient Physician's Legacy to his Country
(1732), è lettura di grande fascino. Dover parla dell'«onesto e buon dott.
Sydenham, la cui ragione era tanto superiore alla mia» e racconta come
Sydenham lo curò quando ebbe il vaiolo: col caminetto spento, la finestra
permanentemente aperta, le coperte che non dovevano coprire il paziente
più su della cintola e «dodici bottiglie di birra leggera ogni
ventiquattr'ore».
4 -
Basta un breve estratto
per illustrare quanto fossero chiare le sue descrizioni: «Il morbillo, in
genere, colpisce i bambini. Il primo giorno hanno raffreddore e brividi.
In seconda giornata la febbre raggiunge il massimo, i pazienti hanno la
lingua bianca, sono tormentati da sete e sonno. Il naso cola e gli occhi
lacrimano in continuazione. I sintomi si acuiscono fino alla quarta
giornata. Poi, nel viso e sulla fronte compaiono piccoli punti rossi, come
morsicature di pulci, che aumentano di superficie e confluiscono, sicché
la faccia si copre di grosse chiazze. I puntini si propagano al tronco
[...] Nell'ottava giornata scompaiono. Al nono giorno non ne rimane
traccia da nessuna parte».
5 -
Della gotta l'autore poteva parlare per esperienza personale: »La vittima
si corica e s'addormenta in buona salute; verso le 2 del mattino si
sveglia per un forte dolore nell'alluce [...] Poi, seguono un senso di
freddo, brividi e un po' di febbre. Il dolore si fa più acuto. Ora sono
stiramenti e strappi violenti nei legamenti, ora un dolore lancinante, ora
un senso di compressione o di costrizione. La notte passa fra i tormenti
[...] e fra vani tentativi di trovare sollievo cambiando continuamente
posizione. Finalmente il paziente ha tregua. [...] Al mattino trova la
parte tumefatta [...] E qualche giorno dopo l'altro piede si gonfia e
soffre gli stessi tormenti».
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