EHRLICH: LE ORIGINI DELLA
CHEMIOTERAPIA
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L'ILLUSTRAZIONE
Nell'affollato laboratorio
dell'Istituto di Terapia sperimentale di Francoforte, il ricercatore
e scienziato tedesco Paul Ehrlich (1854-1915) era solito
scarabocchiare su dei block notes, usando dei mozziconi di matita
colorata, le direttive di lavoro per i collaboratori. Nel 1910, il
dottor Ehrlich e il suo assistente giapponese, dottor Sahachiro Hata,
presentarono al mondo il Salvarsan (606), un 'proiettile chimico'
per la cura della sifilide. Il successo di Ehrlich nella sintesi
chimica diede un forte impulso a una nuova scienza medica: la
chemioterapia. Anche se conseguì i risultati più importanti in
questo campo, Ehrlich diede altresì un notevole contributo a molti
altri settori della medicina e nel 1908 gli fu conferito il premio
Nobel per le sue scoperte nel campo dell'immunologia. |
PREMESSA
«Corpora
non agunt nisi fixata» (I composti non agiscono se non vengono fissati).
Nella
prima metà del XX secolo, nasce l'era della 'chemioterapia' antibatterica,
degli sforzi accaniti convergenti verso la produzione nel laboratorio
chimico di sostanze nuove, capaci di distruggere gli agenti patogeni
risparmiando il corpo umano, il cosiddetto 'organismo ospite'. L'effetto
esercitato da una qualsiasi sostanza nel corpo vivente, sia essa
nutritiva, tossica o farmacologica, dipende dalla sua ripartizione nelle
cellule del sangue e dei tessuti, e per quest'ultima è decisiva la sua
costituzione chimica(1);
una sostanza può esplicare un effetto biologico solo là dove è in grado di
combinarsi con determinati gruppi di atomi della superficie cellulare, che
Ehrlich chiamò dapprima 'recettori' e in seguito 'catene laterali'(2).
I gruppi atomici della sostanza estranea devono combaciare con quelli del
recettore cellulare, come una chiave con la serratura, e solo in forma
combinata le sostanze agiscono nell'organismo: «corpora non agunt nisi
fixata». Secondo Ehrlich, quindi, doveva essere possibile creare delle
sostanze alle quali solo certe cellule batteriche, ma non le cellule delL'
'ospite', offrissero punti di attacco sotto forma di ricettori specifici.
Tali sostanze sarebbero delle vere e proprie 'bacchette magiche' che
circolerebbero nel sangue umano senza potergli nuocere con l'obiettivo di
colpire, con assoluta sicurezza, gli agenti patogeni, anche i più nascosti(3).
Egli constatò però nelle sue ricerche un fenomeno che gravava sempre più
sulla terapia delle malattie infettive: la formazione di 'resistenze' da
parte degli agenti patogeni contro un mezzo specifico. L'adattamento a
condizioni di vita modificate continuava anche nel mondo dei microbi, e
restava quindi dubbio se il sogno audace di poter debellare alla fine
tutte le malattie infettive sarebbe mai stato realizzabile.
La strada percorsa da Ehrlich, con i suoi studi chimici finalizzati,
condusse venticinque anni più tardi il medico
Gerhardt Domagk (1895-1964), in collaborazione con i chimici E. Mietzsch e
J. Klarer della I. G. Farbenindustrie di Wuppertal, alla preparazione del
primo 'sulfamidico', il colorante rosso Prontosil, e con i farmaci di
questo gruppo divenne realtà la 'chemioterapia delle infezioni batteriche'(4)
(1935). Il principio formulato duemila anni prima da Asdepiade, secondo
cui il trattamento doveva essere «rapido, sicuro e piacevole», trovò così
finalmente compimento in un campo importante della medicina pratica.
Se scorriamo un moderno elenco di farmaci, soffermandoci sui più comuni,
non andremo molto lontani dalla verità affermando che ben pochi di quei
preparati sono stati inventati, scoperti o valorizzati nel XIX secolo; la
maggior parte è più antica(5)
o più recente. Il grande secolo della chimica e della fisiologia non può
vantare molte innovazioni farmacologiche, anche se ha introdotto nuovi e
validi sistemi di terapia: basterà accennare al fatto che la grande
battaglia contro i microbi è stata vinta ricorrendo alla vaccinazione e
alla sieroterapia. Per il resto la medicina continuò a usare i vecchi
rimedi estratti dalle piante o ricavati dal regno minerale, perfezionando
quasi sempre i sistemi di preparazione e purificazione. La china(6),
gli alcaloidi, il ferro e l'arsenico continuarono a essere gli esempi più
vistosi di una farmacopea da lungo tempo codificata. L'arsenico(7)
già noto nel Rinascimento come veleno usato dagli spagirici nella
trasmutazione dei metalli, aveva finito per essere adottato dai medici
prima ancora che se ne potesse verificare qualche utilità farmacologia; la
credulità popolare ne fece un rimedio sovrano(8)
per tutti i mali, un ricostituente capace di ritemprare le forze e
aumentare la potenza virile(9).
Nel suo prodigioso sviluppo della prima metà del secolo la chimica aveva
trovato immediate applicazioni pratiche nell'industria dei coloranti, e il
loro impiego (anilina, fucsina, safranina) aveva sollevato alcuni
problemi, ad esempio su quale fosse il loro meccanismo di azione. Alla
metà del XIX secolo la tecnica microscopica aveva cominciato ad
arricchirsi di nuovi procedimenti di colorazione ed erano apparsi i
coloranti 'elettivi', che si fissavano solo a certi tessuti, a certe parti
di tessuto e financo di cellule. Erano entrati in commercio il blu di
metilene, il violetto di metile, l'eosina. Tutta questa serie di fatti fa
nascere l'idea di un modo particolare di azione dei farmaci, che si
chiamerà in seguito 'chemioterapia'.
La teoria costruita a poco a poco da Paul Ehrlich nel corso di decine
d'anni di ricerche(10),
dimostrata alla fine dall'impiego di nuove sostanze chimiche nella terapia
delle infezioni, si basava sulla elettività dei coloranti: bastava
iniettare del blu di metilene nel corpo di un animale e le terminazioni
nervose nei tessuti si tingevano in azzurro.
Ehrlich postulò che a tale colorazione si accompagnasse un'azione
farmacologica (egli supponeva che alcuni coloranti fossero capaci di
legarsi ai parassiti e alle loro tossine)(11)
e per anni (le farmacopee e i trattati della fine del XIX secolo
registrano fedelmente il suo impiego) si continuò a somministrare
l'azzurro liquido ai nevritici e ai reumatici, non sappiamo con quale
risultato. L'idea era seducente e accarezzata da tempo, era nata il giorno
stesso in cui era sorta la batteriologia; a chi non era passata per la
mente l'ipotesi fantasiosa di uccidere i bacilli della tubercolosi
iniettando alcool nel sangue? Non era neppure troppo fantasiosa e se non
fu tentata subito fu più che altro perché l'istillazione endovenosa era
caduta in disuso e neppure le iniezioni ipodermiche(12)
godettero nei primi tempi di buona fama.
La prima ricerca sistematica di un colorante elettivo, capace di eliminare
il microrganismo su cui si fissava, venne iniziata da Ehrlich con Shiga
nel 1902(13).
L'anno successivo altri due scienziati, Levaditi e Yamamouchi, ripresero
in mano l'Atoxyl e ne studiarono il comportamento contro i microrganismi;
in vitro la sostanza non aveva alcuna azione sulle colture, ma bastava
introdurla nei tessuti perché rivelasse una spiccata azione, se non
antibatterica, almeno antitripanosomica(14),
tanto che Levaditi e Yamamouchi lo ribattezzarono 'Tripanotoxyl'. Nel 1906
anche Ehrlich cominciò a lavorare attorno all'Atoxyl(15);
l'anno precedente Schaudinn aveva individuato l'agente eziologico della
sifilide, una spirocheta, allora ritenuta affine ai tripanosomi, e nello
stesso anno Wassermann aveva messo a punto una reazione sierologica capace
di rivelarne la presenza.
La scoperta del Salvarsan (medicinale tutt'altro che perfetto, che non
sempre guariva, spesso provocava resistenza nei germi e qualche volta era
addirittura tossico(16))
fu annunciata al Congresso di Kiinigsberg nel 1910; aveva una enorme
importanza sia pratica sia teorica, in quanto dimostrava l'esattezza del
principio base della chemioterapia, cioè che una sostanza chimica poteva
essere pericolosa per il parassita ospite e innocua per l'organismo
ospitante; inoltre, era suscettibile di sempre nuove trasformazioni
che,potevano a poco a poco condurre verso il 'farmaco perfetto'(17)
.
Una delle conseguenze del conflitto mondiale in campo medico e
farmaceutico era stata la penuria del chinino, ed è ovvio che a
un'industria come quella tedesca si chiedesse un medicinale che lo
sostituisse, tanto più che con la guerra la malaria si era estesa anche in
quei paesi che in tempo di pace ne avevano sofferto meno. Del resto, era
dal 1820 che i chimici stavano lavorando attorno agli alcaloidi della
corteccia di chinai(18).
L'aspirazione di attuare completamente la terapia 'sterilisans magna'
prevista da Ehrlich(19)
non era mai stata abbandonata, nonostante gli scarsi e modesti successi
ottenuti; anzi, il fatto che si potessero colpire con il famoso
'proiettile magico' le spirochete, i plasmodi, i tripanosomi, dava la
certezza teorica che anche i batteri fossero egualmente vulnerabili. La
chimica e la batteriologia stavano cercando di raggiungere questo secondo
obiettivo, prima ancora di aver colpito a fondo il primo: in realtà
malaria, malattia del sonno e sifilide erano ben lontane dall'essere state
sconfitte.
LA
SCHEDA
Bisogna
cercare il 'proiettile magico'. Dobbiamo colpire i parassiti e, se è
possibile, soltanto i parassiti, e per farlo dobbiamo imparare a usare le
sostanze chimiche!». Le parole di Paul Ehrlich non furono vane
espressioni; infatti, attraverso un'intensa sperimentazione in
laboratorio, non tardarono a tramutarsi in fatti. Grazie al lavoro da lui
svolto, e soprattutto all'applicazione da parte di altri dei principi da
lui elaborati, la medicina ha conquistato parecchi 'proiettili magici'. La
nuova scienza della chemioterapia deve il suo sviluppo in gran parte
all'attività svolta da Ehrlich a Francoforte nei primi anni del XX secolo.
In realtà non c'è un campo della medicina che non abbia tratto beneficio
dai risultati conseguiti da Ehrlich: alla medicina clinica contribuì con
alcuni studi sul sangue e con l'uso del blu di metilene per curare la
malaria; i suoi metodi per colorare i batteri furono molto importanti in
batteriologia; in immunologia rese applicabili nella pratica le scoperte
di Behring: fu infatti lui a standardizzare l'antitossina difterica e a
riconoscere l'esistenza e il ruolo dei tossoidi; e, ancora, l'originalità
e la disciplina, che caratterizzarono la sperimentazione oggettiva di
Ehrlich, resero possibile la sintesi di farmaci antisifilitici e
inaugurarono l'era della chemioterapia.
Paul Ehrlich nacque il 14 marzo del 1854 nella cittadina di Strehlen,
nella Slesia tedesca (oggi parte della Polonia), unico figlio di una
famiglia ebrea benestante. A dieci anni Paul iniziò la scuola preparatoria
a Breslau, dove ebbe come compagno di classe Albert Neisser, colui che
scoprì il bacillo gonococco. Dal 1872 al 1878 Ehrlich studiò medicina a
Strasburgo, a Friburgo e a Breslau. Sebbene non si distinguesse
particolarmente negli studi, faceva continuamente esperimenti per conto
proprio. Tutto il lavoro di ricerca di Ehrlich scaturisce da una domanda:
perché tessuti diversi hanno reazioni diverse a una stessa colorazione? A
Strasburgo lavorò per l'anatomista Waldeyer, a Breslau per il fisiologo
Heidenhain e il patologo Cohnheim. L'assistente di quest'ultimo, Karl
Weigert, cugino maggiore di Ehrlich, lo introdusse all'uso delle tinture
all'anilina, allargando il campo delle sue ricerche sulle tinture. Fu al
laboratorio di Cohnheim che Ehrlich fece amicizia con William H. Welch, il
quale divenne poi il principale artefice della valorizzazione della Johns
Hopkins School of Medicine di Baltimora.
Ancora studente, Ehrlich iniziò a elaborare una pubblicazione sulla
morfologia del sangue. Fu una conseguenza del suo estremo interesse per le
tinture; riuscì infatti a differenziare i vari elementi del sangue
attraverso l'analisi dei colori. Questo scritto pose le basi della moderna
ematologia.
Ehrlich discusse la tesi nel 1878 all'Università di Lipsia. Il giovane
ricercatore si laureava in medicina a soli 24 anni con una tesi intitolata
Contributi alla teoria e alla pratica della tintura istologica, nella
quale elaborò uno dei princìpi base che doveva caratterizzare tutta la sua
attività futura: quello secondo cui l'attività farmacologica si fonda
sull'affinità tra le molecole di materia vivente e determinate sostanze
chimiche, nel momento in cui entrano in contatto con esse.
Nel 1878 Ehrlich divenne assistente del professor von Frerichs presso la
Seconda clinica medica dell'Ospedale Charité di Berlino. Von Frerichs
riconobbe il suo talento e gli permise di continuare le sue ricerche. In
dieci anni scrisse più di quaranta articoli e pubblicò il suo primo libro
intitolato II Fabbisogno di ossigeno dell'organismo. Nel 1883 sposò Hedwig
Pinkus e nel 1884 ottenne l'incarico di professore presso l'Università di
Berlino. Tuttavia un cambiamento di politica, attuato dopo la morte di von
Frerichs, pose termine a questo fortunato decennio. Inoltre, un attacco di
tubercolosi polmonare costrinse Ehrlich a trascorrere parte del 1888 e del
1889 in Egitto.
Nel 1890 Robert Koch, famoso per le sue scoperte nel campo della
batteriologia, invitò Ehrlich a lavorare con lui. Koch non aveva
dimenticato il successo ottenuto da Ehrlich, quando nel 1882 aveva
inventato un metodo di tintura per il bacillo della tubercolosi. Presso
l'Istituto Koch per le malattie infettive, appena inaugurato a Berlino,
Ehrlich iniziò una nuova fase della sua attività, dedicandosi alla
batteriologia e all'immunologia. Risale a quest'epoca anche la sua
collaborazione con Emil Behring. Nel 1892 Behring scoprì nel sangue di
animali malati di difterite o di tetano delle speciali sostanze
immunizzanti. Attingendo alla propria esperienza e agli esperimenti senza
precedenti da lui condotti, Ehrlich mise a punto quei procedimenti pratici
che permisero a Behring di produrre delle antitossine efficaci.
Nel corso dei suoi studi di immunologia Ehrlich elaborò la famosa teoria
immunologica della 'catena laterale', nella quale appare evidente la
stretta connessione che, secondo lo scienziato, unisce la chimica e la
biologia. In pratica Ehrlich credeva che le 'catene laterali', prodotte in
grandi quantità dal corpo durante un'infezione (o somministrate
artificialmente attraverso l'iniezione di antitossine), si univano alle
tossine prodotte dai batteri e le neutralizzavano chimicamente.
Nel 1896 Ehrlich fu nominato direttore dell'Istituto statale per la
ricerca e gli esperimenti sul siero a Steglitz. Trattandosi di un istituto
piuttosto improvvisato, esso offriva ben poche strutture, ma Ehrlich vi
portò avanti le sue ricerche. «Basta che abbia dell'acqua corrente, un
fornello e della carta assorbente» disse a un amico «posso lavorare anche
in una baracca!». Poco tempo dopo, grazie all'impegno del dottor Franz
Adickes, Sindaco di Francoforte, fu istituito in tale città un grande
Istituto di Terapia sperimentale, e nel 1899 Ehrlich accettò l'invito a
diventarne il direttore. Lì avrebbe lavorato gli ultimi sedici anni della
sua vita e avrebbe fatto la più importante delle sue scoperte; per la
prima volta, aveva a disposizione dei laboratori avanzati con attrezzatura
moderna e assistenti capaci.
A Francoforte, quantunque il suo lavoro avesse in parte a che fare con la
ricerca sul cancro e con la valutazione dei sieri per conto del governo,
gli sforzi di Ehrlich si concentrarono prevalentemente sulla
chemioterapia. Infaticabile nel lavoro di laboratorio, Ehrlich era
originale e audace e aveva una straordinaria capacità di visualizzare
nella sua mente le strutture chimiche, ancor prima che venissero
sintetizzate.
Nel suo laboratorio regnava un apparente disordine, ma Ehrlich sapeva
sempre dove trovare tutto; dai suoi assistenti, invece, esigeva la più
stretta osservanza dell'ordine e delle proprie direttive. Egli era solito
appuntarle ogni giorno su fogliettini colorati su cui scarabocchiava, con
matite di vari colori, direttive o domande brevi ed ermetiche per ciascuno
dei suoi assistenti; esigeva anche da loro un'immediata esecuzione delle
sue direttive e resoconti quotidiani sui progressi fatti. Gentile,
amichevole, quasi timido, piccolo di statura e sempre col sigaro in bocca,
il Direttore andava su tutte le furie quando le sue istruzioni non
venivano eseguite. I chimici restii a impiegare i metodi da lui indicati,
per quanto incredibili potessero sembrare, non rimanevano a lungo
nell'Istituto.
Ehrlich naturalmente iniziò le ricerche partendo dalle sue amate tinture,
e il blu di metilene, con il quale da studente aveva evidenziato così bene
le fibre nervose, dimostrò di avere delle proprietà antimalariche. Nel
1904, attraverso continue variazioni chimiche, riuscì a produrre una
tintura conosciuta come `tripano rosso', che si rivelò efficace contro i
tripanosomi, in particolare quelli che causano la malattia del sonno.
Nel frattempo, la teoria della catena laterale continuava a stimolare la
curiosità di Ehrlich. Secondo lui, le antitossine di Behring
rappresentavano il primo rimedio specifico efficace contro le malattie
infettive. Si trattava di sostanze naturali prodotte dal corpo stesso; ma,
era possibile produrre un effetto simile con i composti chimici? Era
possibile trovare delle sostanze chimiche che uccidessero i microbi
patogeni, prima che essi danneggiassero seriamente le cellule del
paziente? La maggior parte dei ricercatori era pessimista, ma Ehrlich,
sostenuto dalle conoscenze acquisite durante gli studi di immunologia e
dal suo sconfinato ottimismo, si accinse a trovare quelli che lui chiamava
i 'proiettili magici'.
Il lavoro svolto da Ehrlich nel campo della chemioterapia ricevette un
grande impulso nel 1906, quando fu costruita accanto al suo Istituto la
Georg Speyer House, generosamente sovvenzionata e posta anch'essa sotto la
sua direzione. Nel 1908, Ehrlich e Elie Metchnikoff, dell'Istituto Pasteur
di Parigi, ottennero ex aequo il premio Nobel per la medicina «in
riconoscimento del contributo dato all'immunologia».
Nel proseguire le ricerche sul 'proiettile magico', che poteva essere
sparato contro invasori specifici senza danni per l'organismo, Ehrlich
rivolse la propria attenzione all'Atoxil, un composto arsenicale scoperto
nel 1906 da Thomas e Breinl, a Liverpool. Era stato dimostrato che l'Atoxil
era efficace contro alcuni tripanosomi, ma era anche altamente tossico per
il nervo ottico. Ehrlich non era d'accordo con la maggior parte dei
chimici contemporanei sulla formula strutturale dell'Atoxil e, per
dimostrare che la propria teoria era corretta, mise al lavoro i suoi
assistenti a ritmo serrato, allo scopo di creare delle varianti chimiche,
tra cui ricercare un composto che, pur possedendo la massima efficacia
distruttiva nei confronti degli organismi patogeni, arrecasse allo stesso
tempo il minimo danno alle cellule dell'organismo ospite. «Deve essere
parassitotropico e non organotropico» ricordava continuamente Ehrlich ai
suoi collaboratori.
Partendo dall'Atoxil, Ehrlich e i suoi assistenti crearono 418 composti
diversi, costruiti attorno a un radicale arsenico e testarono
accuratamente ognuno di essi sugli animali, prima di trovarne uno che
sembrava soddisfare le loro esigenze. Il n°418, arsenofenilglicina, si
dimostrò il più efficace contro le malattie tropicali causate dai
tripanosomi. La ricerca continuò fino a quando, nel 1907, fu creato il
composto n° 606, l'idrocloruro di diossi-diamino-arseno-benzene. Ehrlich
era ottimista riguardo a questo composto, ma un assistente riportò
erroneamente che non aveva alcun effetto sui tripanosomi, e così venne
messo da parte.
Due avvenimenti contribuirono ai progressi dei tentativi chemioterapici di
Ehrlich. Nel 1905 il professor Fritz R. Schaudinn ed Erich Hoffmann
avevano scoperto che la spirocheta, Treponema pallidum, era la causa della
sifilide. Questo organismo pallido a forma di cavatappi costituiva da
secoli una piaga per il genere umano, resistendo a qualunque medicina o
terapia. I suoi scopritori pensavano che ci fosse una relazione tra le
spirochete e i tripanosomi, e, poiché la sifilide era la malattia di
maggior rilievo, Ehrlich cominciò a studiarla. Il secondo avvenimento fu
l'arrivo ai laboratori dell'Istituto, nel 1909, del dottor Sahachiro Hata,
allievo di un amico di Ehrlich, il professor Kitasato, batteriologo di
Tokyo. Hata aveva compiuto esperimenti sulla sifilide nei conigli, ed era
stato inviato a Francoforte per effettuare ulteriori studi. Il primo
compito assegnatogli all'Istituto fu di testare sugli animali malati di
sifilide ogni composto, vecchio e nuovo, elaborato nei laboratori. Il
coscienzioso ricercatore si apprestò a svolgere il lavoro con grande
meticolosità; alla fine, giunse al composto n° 606 e riferì a Ehrlich che
era di gran lunga il più efficace e il meno tossico di tutti i composti
testati contro le infezioni sifilitiche.
Ehrlich ne fu lieto, ma chiese che venissero effettuati altri test,
centinaia di test. Hata li fece tutti. Poi iniziarono gli esperimenti
sugli esseri umani, condotti da medici di ospedali vicini, che
collaboravano con l'Istituto. Erano necessari centinaia di altri test per
determinare le dosi efficaci e sicure, nonché per capire se la guarigione
era permanente o se si verificavano delle ricadute. Nel frattempo, il
professor Iversen dell'Ospedale maschile St. Petersburg riferì che il 606
aveva guarito completamente dei pazienti con febbre ricorrente. Il 19
aprile 1910, Ehrlich e Hata presentarono una comunicazione sul 606 e sui
loro esperimenti con quel composto ai medici di varie nazionalità, riuniti
a Wiesbaden (Germania), in occasione del Congresso di medicina interna. Il
dottor Schreiber del Magdeburg Hospital riferì del primo successo ottenuto
nella cura dei pazienti sifilitici del suo Ospedale utilizzando il 606. La
notizia ebbe un effetto elettrizzante nel mondo della medicina, e una
valanga di richieste si riversò su Ehrlich.
Al composto 606 venne dato il nome di Salvarsad, con il quale fu
registrato all'ufficio brevetti. La Georg Speyer House venne attrezzata
per produrre il medicinale in grandi quantità e la Hoechst Chemical Works
cominciò a costruire gli impianti per la sua produzione; per un certo
periodo, tuttavia, la domanda superò di gran lunga l'offerta. Ehrlich
insistette affinché fossero attuati rigidi controlli, per evitare
qualsiasi irregolarità nell'uso del 606; elaborò un metodo di iniezione
endovenosa, allo scopo di evitare danni ai tessuti e scongiurare il
pericolo di infezioni, e dovette quindi istruire il personale medico
all'uso del metodo. Nel frattempo continuò a ricercare dei composti
migliori, fin quando trovò nel n° 914 ciò di cui aveva bisogno: il farmaco
non era così efficace contro le spirochete come il precedente, ma era più
sicuro e molto meno difficile da somministrare. Il n° 914 divenne il
Neosalvarsan e per trent'anni, fino all'introduzione della penicillina, il
Neosalvarsan (neo arsfenamina) e il Salvarsan (arsfenamina) rimasero la
cura principale contro la sifilide. A Parigi, Ernest Fourneau
dell'Istituto Pasteur applicò le tecniche di Ehrlich al bismuto, creando
così diversi composti antisifilitici, che potevano sostituire o integrare
quelli a base di arsenico.
Ehrlich era finalmente riuscito a creare il 'proiettile magico' che aveva
tanto cercato. Purtroppo il successo, oltre a procurargli molti onori e
fama, gli portò anche delle aspre critiche. Alcune da parte di folli, che
lo accusavano di voler avvelenare la gente; altre erano dovute alla
gelosia; altre ancora consistevano fondamentalmente in attacchi di tipo
antisemitico. Queste dure critiche turbarono molto il mite ricercatore, il
cui unico scopo era quello di aiutare i malati. In campo scientifico
sarebbe riuscito abilmente a controbattere ogni contestazione, anche se
quegli attacchi infondati, ingiustificati, che non avevano nulla di
scientifico, andavano al di là della sua comprensione. Le critiche
ricevute nei confronti del proprio lavoro, unite alla preoccupazione per
lo scoppio della Prima guerra mondiale, nell'agosto del 1914,
contribuirono senza dubbio ad accorciare la vita di Ehrlich. A un primo
ictus, verificatosi alla fine del 1914, ne seguì un secondo, questa volta
fatale, il 20 agosto 1915. Fu sepolto nel cimitero ebraico di Francoforte.
Paul Ehrlich è stato descritto in diversi modi da vari scrittori. Alcuni
hanno posto l'accento sulla sua eccentricità, i suoi modi distratti, il
suo disprezzo per l'ordine convenzionale. Altri lo hanno descritto come
uno sperimentatore non scientifico i cui 'spari nel buio' riuscirono
casualmente a centrare determinati obiettivi. Ma i fatti parlano chiaro:
la straordinaria inventiva, l'entusiasmo per la biochimica, il coraggio
nel cercare nuove strade, e in generale la creatività,unita a grandi doti
di l'organizzatore e di guida del personale da lui dipendente, gli fecero
guadagnare il titolo di genio. Dal 1915 in poi, la medicina ha acquisito
numerosi 'proiettili magici', creati da coloro che seguirono le orme di
Ehrlich nella chimica creativa: tra di essi, gli antimalarici, i
sulfamidici, gli antistaminici e i farmaci atarassici.
Uomo modesto, mite, fiducioso, rispettato dagli scienziati e dai medici di
tutto il mondo, amato non solo dalla propria famiglia, ma anche dai suoi
assistenti di laboratorio, dal fedele custode Kadereit e dalla sua
segretaria Martha Marquardt, Paul Ehrlich è stato uno dei più grandi
personaggi della medicina della prima metà del XX secolo.
NOTE
1 -
Nel suo discorso per il Nobel (1901), Behring aveva esaltato la
sieroterapia quale riscoperta della terapia umorale in forma nuova e più
efficace.
2 -
Quando gli fu conferito
il Nobel (1908), Ehrlich annunciò la formazione degli anticorpi come
funzione parziale delle cellule: questa idea guida lo condusse alla 'chemioterapia'.
3 -
«Dobbiamo imparare a
colpire nel segno chimico» diceva ai suoi collaboratori. Queste
esercitazioni consistevano nella variazione chimica di determinate
sostanze (la base di partenza erano per Ehrlich i colori all'anilina); il
19 aprile 1910 lo scienziato tedesco, assieme a Sahachiro Hata, presentò
al Congresso Tedesco di Medicina interna di Wiesbaden il suo preparato
606, specifico contro la sifilide, il 'Salvarsan'. Grazie al suo contenuto
di arsenico questa sostanza riusciva a uccidere la spirocheta pallida,
mentre lo stesso arsenico nel nuovo composto era quasi innocuo per
l'organismo umano. In realtà non si rivelò proprio innocuo come speravano
Ehrlich e i medici che lo usarono, e nemmeno di effetto così sicuro. Ciò
valeva anche per il 'Neosalvarsan', migliorato del 1912, il preparato 914
di Ehrlich, e per molti altri chemioterapici e antibiotici introdotti da
allora e in parte già abbandonati. Infatti, contemporaneamente allo
sviluppo del Salvarsan e fortemente stimolati da esso, furono scoperti
altri chemioterapici. In un primo momento la ricerca si rivelò positiva
solo nei confronti di germi patogeni appartenenti al gruppo dei protozoi e
delle spirochete, dei microbi spiraliformi mobili, mentre non si
lasciavano aggredire i batteri a forma sferica o a bastoncino. Dal
chinino, già conosciuto, si ottennero attraverso variazioni chimiche nuovi
rimedi contro il plasmodio della malaria. Il 'veterano' tartaro emetico,
da molto tempo in disuso quale emetico, trovò grazie al suo contenuto di
antimonio nuova considerazione nella lotta contro alcune malattie
tropicali. Nel trattamento della sifilide, la combinazione dei derivati
del Salvarsan con preparati di bismuto si rivelò il metodo più affidabile,
comportando però ancora cure protratte per mesi, se non addirittura per
uno o due anni.
4 -
Le infezioni da
streptococchi, come angina, scarlattina ed erisipela, la sepsi da
streptococchi (setticemia), la meningite epidemica e molte altre
patologie, come la polmonite da pneumococchi (forma acuta e grave da
allora quasi scomparsa) e la gonorrea, potevano essere ora combattute in
modo mirato. Il 'prontosil', come la maggior parte delle altre centinaia
di preparati sulfamidici allora sviluppati, fu il frutto della ricerca
dell'industria farmaceutica, che mise a disposizione degli scienziati le
sue enormi possibilità tecniche. Il professor Domagk impersonava, per così
dire, la simbiosi tra università e industria; insegnava patologia
all'Università di Miànster in Vestfalia e contemporaneamente era direttore
dell'Istituto di Patologia e batteriologia sperimentali della I. G.
Farbenindustrie. Anche rappresentanti della ricerca pura presero parte a
questi lavori: i coniugi Tréfouèl con i loro colleghi Nitti e Bovet
dell'Istituto Pasteur di Parigi avevano scoperto e confermato che
l'effetto batteriostatico e inibitore della crescita del Prontosil si
basava sul 'raggruppamento sulfamidico' -S02 -NH2. Come da allora in poi è
stato 'dimostrato, i sulfarnidici, probabilmente, entrano in concorrenza
con l'acido paraaminobenzoico, affine per struttura, indispensabile per la
crescita e la moltiplicazione dei relativi batteri, scacciandolo dal corpo
batterico. Ora sono proprio le difese dell'organismo, ovvero i globuli
bianchi, a vincere sui batteri.
5 - L'acido
salicilico, fabbricato nel 1839, ossidando la corrispondente aldeide, è
servito come antiputrido in soluzione all'1%, poi per conservare carni e
marmellate (uso proibito alla fine del secolo) e infine nelle polveri
dentifricie. Con il passare degli anni se ne scoprì l'azione antireumatica
e infine quella antipiretica, ma l'acidità, che irritava le mucose
gastrica e intestinale, ne sconsigliava l'uso interno; tuttavia costava
poco e curava la febbre, di qui il soprannome di 'chinino dei poveri'. Le
cose cambiarono quando Felix Hoffmann, agli inizi del nuovo secolo, lo
modificò in acido acetil-salicilico, o Aspirina. Ludwig Knorr sintetizzò
l'Antipirina', immediatamente prodotta su scala industriale da una
fabbrica di colori di Hoechst, la Neister Lucius', e da essa il chimico
Stolz nel 1897 ricava, con una lieve modifica, il 'Piramidone'.
L'introduzione di una sostanza chimica nuova per combattere una specifica
affezione, si ricava invece dal libro Text Book ofPharmachology di Thomas
Lauder Brunton del 1885: fu lui ad applicare il nitrito di amile nella
cura dell'angina pectoris, dimostrandone il potere vasodilatatore;
l'esperimento è illustrato nel saggio On the Use of Nitrite of Amyl in
Angina Pectoris, pubblicato sul«Lancet» nel 1867.
6 -
Siamo nel periodo in cui impera il chinino, isolato nel 1820 da Pellettier
e Caventon; nel 1888 era stata introdotta la Acetilfenilidrazide.
7 -
I composti dell'arsenico
si trasformarono a poco a poco lungo tutto il XIX secolo. Grasset divide
questo ciclo di sviluppo in tre periodi: il primo è quello dei composti
dell'arsenico inorganico, del gruppo dell'acido arsenico e arsenioso; il
secondo comincia nel 1842 quando Bunsen scopre l'acido cacodilico e
dimostra che è possibile separare l'azione tossica dell'arsenico da quella
terapeutica. Nel terzo periodo, Béchamp (1863) prepara l'Atoxyl'
(cominciano qui i nomi di fantasia dei medicinali sintetici), il
para-amino-fenil-arsinato di sodio, usato come generico ricostituente: in
questa accezione è ancora in uso.
8 -
Ad esempio, l'arsenico
venne usato nei cosmetici per rendere brillanti gli occhi e giovane la
pelle, mentre Armand Trousseau, autore di un pregevole trattato di
farmacologia (1858) inventò dei 'sigari all'arsenico' come terapia della
tubercolosi polmonare.
9 -
Così ritenevano i famosi
'mangiatori d'arsenico della Stiria', contadini che per tradizione si
abituavano fin dall'infanzia a ingerire dosi crescenti di 'orpimento' o
solfuro d'arsenico e, come Mitridate, diventavano lentamente insensibili
al veleno, fino a una dose di 0,40 g.
10 -
La città di Francoforte
sul Meno e l'Impero Prussiano gli avevano messo a disposizione, nel 1899,
un proprio 'Istituto Imperiale di Terapia Sperimentale', dove Ehrlich
lavorò sistematicamente per la produzione chimica di sostanze efficaci,
dapprima contro protozoi patogeni, i tripanosomi, e dopo la scoperta
dell'agente patogeno della sifilide anche contro questo, la spirocheta
pallida (o treponema pallidum, «verme spiraliforme pallido»).
11 -
La colorazione-azione
farmacologica andava interpretata ed Ehrlich ne trasse la 'teoria delle
catene laterali', capaci di legarsi a sostanze estranee (tossine,
medicamenti, coloranti). Le catene laterali, o 'recettori', dovevano
quindi legarsi a speciali gruppi esistenti nella molecola del colorante, i
'gruppi aptofori': tale legame doveva essere elettivo e specifico ed era
evidente che modificando i gruppi in questione si potevano ottenere
composti che avessero affinità per questo o quel tessuto (fossero cioè 'organotropi')
oppure per i microrganismi patogeni (cioè fossero 'parassitotropi'). Se
questi ultimi composti fossero stati velenosi per i germi (ovviamente
sarebbero stati innocui per tessuti umani, perché a essi non si fissavano
e, come diceva Ehrlich, «corpora non agunt nisi fivata») si sarebbe
ottenuta la terapia sterilisans magna, capace cioè di liquidare in un solo
colpo tutti i microbi. Nel caso delle tossine, le catene sarebbero servite
anche di difesa, perché, dopo aver bloccato la tossina agganciandola, si
sarebbero distaccate dall'anello principale, cadendo nel torrente
circolatorio per essere eliminate: una visione profetica, anche se
fantastica, del meccanismo immunitario.
12 - La
siringa di Charles-Gabriel Pravaz, inventata intorno alla metà del secolo,
aveva uno stantuffo a vite ed era usata per introdurre qualche goccia di
cloruro di ferro negli aneurismi; venne sostituita da quella di Luer, con
stantuffo scorrevole, e il medico Alexander Wood di Edimburgo cominciò a
usarla nel 1855 per iniezioni sotto la cute. Bertrand la diffuse in
Germania nel 1857 e Béhier in Francia nel 1859. Sull'uso delle iniezioni
bisogna fare molte riserve: la indispensabile sterilità dell'oggetto e dei
liquidi iniettati, l'azione troppo rapidità e spesso localizzata ne
limitavano l'uso ai soli alcaloidi stupefacenti. Ma proprio alla fine del
secolo si riscopriva la somministrazione dei farmaci per via venosa e uno
studioso italiano, Guido Baccelli, cominciò a iniettare nelle vene
soluzioni di chinino contro la malaria e di sublimato corrosivo contro la
sifilide, l'erisipela, la setticemia, e di acido fenico contro il tetano.
13 - Si
trattava del tripanosoma del `mal di Caderas', facilmente trasmissibile ai
topi da laboratorio e ben visibile al microscopio; per due anni i due
studiosi continuarono a modificare il colorante fino a che trovarono la
sostanza che cercavano: la chiamarono 'trypanrot' e ne dimostrarono
l'efficacia in vitro e in vivo, ma si accorsero anche che, se la prima
somministrazione non riusciva ad ottenere la famosa sterilisans magna,
nella successiva ricaduta i germi si presentavano più agguerriti,
'resistenti' (né più né meno dei contadini della Stiria nei riguardi
dell'arsenico) alle ulteriori dosi di farmaco.
14 - È
un dato abbastanza curioso, ma la stessa cosa accade ai composti del
bismuto usati nella terapia della sifilide: per vedere qualche azione
bisogna mescolare in soluzione fisiologica i sali di bismuto con estratti
d'organo, preferibilmente di fegato.
15 -
Ehrlich decise di sperimentare sia sui tripanosomi sia sulle spirochete e
iniziò una ricerca sistematica: 606 derivati dell'Atoxyl, 606 'arsenobenzoli',
provati uno a uno sugli animali da laboratorio infettati; il successo
arrise al ricercatore il 31 agosto 1909, quando un coniglio faticosamente
infettato con la sifilide — la trasmissione della malattia agli animali da
laboratorio era stato un problema non indifferente — guarì in seguito a
somministrazione di Salvarsan. Poco tempo dopo il preparato veniva
sperimentato sull'uomo da Konrad Alt.
16 -
Nel Salvarsan la tossicità era dovuta in gran parte al fatto che
l'arsenico disciolto si liberava dal suo legame molecolare, trasformandosi
rapidamente da rimedio in sostanza tossica per l'organismo umano.
17 -
In quegli anni cominciava
un'altra lunga storia, del tutto simile a quella degli arsenobenzoli e il
dottor Paul Gelmo di Vienna fabbricava nel 1909 un colorante chiamato 'sulfanilamide',
destinato a essere usato per anni nell'industria e da quella sostanza
chimica, un po' per caso, un po' in seguito a ricerche sistematiche,
sarebbero derivati centinaia di composti, tra i quali, dopo 24 anni, si
sarebbe individuato il primo medicinale ad azione battericida.
18 -
In quell'anno Pelletier e Caventon avevano isolato la chinina e nel 1838
Liebig l'aveva purificata. Poi intere generazioni di studiosi avevano
cercato di comprenderne la formula e di ottenerla per via di sintesi, ma
si dovette attendere il 1875 per conoscerne la formula, a opera di Skraup,
Ktinigs, Miller, Rohde e Rabe. I tentativi di fabbricarla partendo da
sostanze chimiche già note non erano mai stati interrotti, ma vennero
intensificati durante la Prima guerra mondiale. Per aggirare le difficoltà
— in realtà la sintesi della chinina fu raggiunta solo nel 1944— si pensò
di costruire dei farmaci simili, che avessero lo stesso effetto anche con
formula differente. 11 primo fu la 'Plasmochina' di Schulemann, Schónhofer
e Wingler, realizzata nel 1926, efficace contro la malaria, ma 15-20 volte
più tossica del comune chinino. Sei anni dopo Mauss e Mietzsch preparavano
l'Atebrina, molto meno tossica.
19
- Nella strada tracciata da Ehrlich nell'immediato dopoguerra si erano
inseriti altri farmaci: il più famoso era il Bayer 205, assai efficace
contro i tripanosomi e altri parassiti, importante soprattutto perché non
era della serie degli arsenobenzoli come il Salvarsan, non conteneva né
metalli né metalloidi e quindi era poco tossico. Qualche volta dava luogo
a nefriti croniche; ma quale tra i primi farmaci sintetici non era
pericoloso? Il migliore degli anni che precedettero i sulfamidici fu il
Fourneau 309, simile al Bayer 205, ma meno tossico: a differenza del
prodotto tedesco aveva una certa efficacia anche sui batteri.
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