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STORIA DELLA MEDICINA PER IMMAGINI

ANTONIO MOLFESE
 

CUSHING E LA NEUROCHIRURGIA

L'ILLUSTRAZIONE

Anche dopo che l'anestesia e l'asepsi iniziarono a far parte delle procedure standard di ogni intervento, la chirurgia sui tessuti particolarmente sensibili del cervello era eseguita raramente. Solo a partire dal 1900 l'altissimo rischio di morte fu ridotto, grazie a nuove ricerche e complesse tecniche chirurgiche, molte delle quali furono elaborate e insegnate dal chirurgo dell'Ohio Harvey W. Cushing, il quale operò presso il Johns Hopkins Hospital, a Harvard e a Yale. Cushing asportò 2000 tumori al cervello e creò una 'scuola' di chirurghi di varie nazionalità, che sopportarono il suo carattere irritante pur di apprendere i suoi metodi. Adolph Watzka, assistente chirurgo, fu per molti anni il suo fedele compagno in sala operatoria.

 

PREMESSA

I semi delle grandi scoperte sono costantemente intorno a noi, ma mettono le radici solo nelle menti ben preparate per riceverli.

La neurochirurgia, come alta specialità chirurgica, nasce con il trattamento dei traumi cranici, delle fratture del rachide e delle ferite dei tronchi nervosi, ma gia in età preistorica si trovano le prime trapanazioni craniche. È un fatto interessante e sorprendente che il primo atto chirurgico compiuto dagli uomini in epoche molto lontane sia stato un intervento così impegnativo. Alcuni dei crani trapanati, le cui perforazioni sono assai diseguali, furono aperti dopo la morte (trapanazione post mortem), altri furono sicuramente trapanati sul soggetto vivente, come comprovano senza ombra di dubbio la levigatezza e la cicatrizzazione regolare dei bordi. Alcuni crani presentano trapanazioni multiple. Attraverso una diagnosi retrospettiva si è stati anche in grado di affermare, dallo stato di cicatrizzazione, che alcuni di coloro che subirono la trapanazione del cranio sopravvissero a lungo. Gli individui guariti grazie alla trapanazione del cranio divenivano oggetto di un culto superstizioso e dalla loro volta cranica erano prelevati frammenti considerati come reliquie.
Essendo l'epilessia, i dolori di testa e la follia abbastanza frequenti, ed essendo attribuite queste patologie a spiriti maligni, l'uomo pensò forse di praticare nella volta del cranio una apertura affinché tutti questi demoni interni potessero uscire, restituendo la salute al malato. È interessante, a questo proposito, considerare le dimensioni delle trapanazioni: se si fosse trattato di aprire una via di uscita al 'principio del male' infiltratosi nel cranio, sarebbe stata più che sufficiente una semplice perforazione. Al contrario, le dimensioni medie delle aperture sono di 3-4 cm lungo l'asse minore e di 4-5 cm lungo l'asse maggiore, e ciò sembra suggerire che si trattasse di traumi estesi della volta cranica, in cui l'operatore aveva regolato un focolaio di frattura. La trapanazione interessava o tutta la calotta cranica, o, con maggiore frequenza, l'osso parietale sinistro. Gli strumenti operatori erano coltelli perforatori o seghe di pietra, in quanto i tre procedimenti cui ricorreva l'uomo primitivo per aprire la scatola cranica erano il raschiamento, la perforazione e la segatura della parte. È interessante notare che venivano trapanati soprattutto se non esclusivamente crani di bambini e adolescenti, probabilmente perché specie in questi soggetti erano presenti le crisi convulsive; per medicare le ferite si usavano foglie di ninfea come compresse e come bende corteccia di betulla, per polvere antisettica usavano polvere di carbone, ceneri calde o un impiastro di resine di cedro.
Dunque, già a partire dalla Preistoria, e poi nel corso dei secoli, si è andata edificando, nel quadro della anatomia, della fisiologia, della clinica e soprattutto della chirurgia, questa disciplina esigente e prestigiosa che è la neurochirurgia dei giorni nostri: esigente poiché poggia sulla straordinaria architettura del sistema nervoso e sulla più rigorosa semiologia, prestigiosa perché il cervello è il re dei visceri e perché i grandi neurologi hanno sempre goduto di fama eccezionale. Senza contare che far camminare i paraplegici, consentire ai ciechi di vedere e ai muti di parlare costituiscono dei veri e propri 'miracoli'.
Sarà bene accennare ai progressi che hanno reso possibile intervenire chirurgicamente su un organo così delicato come il cervello; infatti, le innovazioni apportate dall'antisepsi e dall'anestesia (delle quali daremo qualche cenno di storia) hanno reso possibili interventi chirurgici che prima di queste scoperte non erano praticabili con buoni successi.
Viene spontaneo dividere la storia della chirurgia in due epoche: prima e dopo Lister. Nessuno, infatti, può disconoscere il rivolgimento operato da questo gigante della scienza. Se è vero che l'introduzione dell'anestesia aveva abolito il dolore nelle operazioni, rimaneva pur sempre il terribile flagello dell'infezione. Il paziente si esponeva, sul tavolo operatorio, a un pericolo «pari a quello del campo di battaglia», come ebbe a dire Sir James Y. Simpson (egli, tra l'altro, consigliò di smantellare i vecchi e mastodontici ospedali, sostituendoli con costruzioni a gruppi di piccoli padiglioni). Lister seppe combattere l'infezione chirurgica con mezzi ben più diretti, e con pazienza cercò di perfezionare il suo metodo antisettico (una delle maggiori innovazioni in campo medico attuata nel XIX secolo), inteso a impedire la penetrazione dei germi nella ferita o a distruggere quelli già presenti. Il fatto che nell'applicazione pratica la sua tecnica venne sovente male compresa o applicata, e infine sostituita dalla cosiddetta 'asepsi', metodo che con altro nome e altri mezzi conseguiva lo stesso scopo, non limita per nulla la grandezza della scoperta.
La storia dell'antisepsi ha inizio circa un secolo prima, con Leeuwenhoek e i suoi 'piccoli animali'; Leeuwenhoeck e Kircher furono per la verità i primi a evidenziare i batteri, sebbene non fossero in grado di spiegare che cosa erano gli esseri osservati attraverso i microscopi primitivi di cui disponevano. Mentre gli scienziati si avvicinavano passo passo alla scoperta delle cause della sepsi
(1), chirurghi e ostetrici trovarono qualche mezzo per limitarla, pur senza saper spiegare le ragioni dei loro successi. Il carattere particolarmente crudele della febbre puerperale incitava ogni ostetrico riflessivo a cercare i mezzi per prevenirla, ma la tradizione era dura a morire e il progresso lento. Prima di Lister, la gangrena ospedaliera aveva proporzioni epidemiche e l'infezione era la conseguenza inevitabile di qualunque intervento chirurgico(2), mentre le fratture esposte comportavano l'amputazione, con una mortalità del 23% e oltre. Tuttavia, vi era già stato qualche presagio del principio dell'antisepsi, e il termine 'antisettico' era già stato usato, se non addirittura coniato, nel XVIII secolo, da Sir John Pringle. Le prime esperienze di Lister sull'antisepsi furono effettuate all'Ospedale di Glasgow, dove per motivi economici si trascuravano le più elementari norme igieniche su bendaggi, biancheria e pulizia in genere. Egli impiegò l'acido fenico per disinfettare le ferite e nello stesso tempo impregnò dello stesso disinfettante il filo e il catgut usato per le suture; inoltre, iniziò ad adoperare garze pulite per le fasciature e tubi di drenaggio in caucciù.
Una volta sperimentate e consolidate le modalità di antisepsi nella pratica chirurgica, gli studiosi cercarono di risolvere il problema dell'anestesia. Non è facile parlare delle prime ricerche americane in campo medico senza occuparsi della storia dell'anestesia e della controversia che si trascinò per anni circa la priorità della sua scoperta. Da secoli si erano usati diversi farmaci, quali l'oppio, la mandragora e la Cannabis Indica, nell'intento di attenuare le sofferenze dei malati, e si era anche cercato di far perdere conoscenza (con vari metodi) ai pazienti che dovevano subire un intervento chirurgico. Mesmer e i suoi seguaci avevano impiegato l'ipnotismo e il metodo che da lui prende il nome, ma i risultati non erano stati troppo brillanti; lo stesso vale per il sistema di provocare una sincope mediante la compressione delle carotidi, in uso dai tempi degli Assiri. Nel 1799 Sir Humphry Davy osservò «l'effetto inebriante del protosido d'azoto o gas esilarante», come venne poi chiamato, che era capace di eliminare il dolore. Micheal Faraday nel 1813 notò come l'etere avesse un effetto simile e nel giro di pochi anni invalse la moda dei «sollazzi a base di etere». Nel 1824 Henry Hickman (da Ludlow nello Shropshire) pubblicò i risultati di alcuni esperimenti condotti sugli animali, sostenendo che l'inalazione dell'anidride carbonica poteva provocare uno stato di incoscienza e di insensibilità al dolore, la qual cosa avrebbe potuto trovare applicazione in chirurgia
(3).
Per tornare alla neurochirurgia, già alla fine del XIX secolo si fece notare la tendenza alla specializzazione in chirurgia, e in particolare nei settori della chirurgia addominale e ancor più spettacolari della chirurgia del cervello. Il chirurgo Benjamin Beh consigliava fin dal XVIII secolo l'evacuazione degli ematomi extradurali mediante compressione del cervello, mentre nel 1884 Mears propose di trattare la nevralgia facciale con l'ablazione chirurgica del ganglio di Gasser
(4). Tuttavia, i risultati chirurgici non erano soddisfacenti in quanto comportavano, insieme a un'alta mortalità, il rischio di una cheratite neuroparalitica relativamente frequente(5). A Londra, Godlee (1859-1923) riuscì nel 1884 ad asportare un tumore cerebrale che Bennett aveva localizzato con precisione(6), e Gowers nel 1887 fece asportare da Victor Horsley, chirurgo al National Hospital, un tumore meningeo che comprimeva il midollo all'altezza della quarta vertebra dorsale. Nel 1886, Arthur Baker (1850-1916) fu il primo in Gran Bretagna a praticare con successo il drenaggio di un ascesso cerebrale da otite, seguito a poca distanza di tempo da Sir William MacEwen (1848-1924), di Glasgow(7), i cui successi nel trattamento dell'ascesso cerebrale (24 interventi, 23 guarigioni) non sono mai più stati eguagliati. Horslev, nel 1888, ricorse alla trapanazione decompressiva per il trattamento dei tumori cerebrali e realizzò, con l'aiuto del fisiologo Clarke, uno stimolatore che gli consentì di esplorare per via stereotassica le funzioni cerebrali. Babinski, in Francia fece operare con uguale successo un tumore del midollo da T. de Martel, mentre in America Charles Elsberg avrebbe svolto un importante lavoro sui tumori del midollo e la sindrome di compressione midollare e radicolare (1925).
Il nome più illustre in neurochirurgia fu però quello di Harvey Cushing, che lavorò prima nel reparto di chirurgia di Halsted al Johns Hopkins Hospital, poi nel 1900 soggiornò per un anno a Berna e operò nel reparto di Kocher; tornato al Johns Hopkins Hospital, si dedicò completamente alla neurochirurgia e fino al 1932 insegnò all'Università di Harward, e dal 1933 al 1937 in quella di Yale. Patologo e neurologo di grande valore, Cushing sviluppò una nuova tecnica operatoria. Classiche le sue monografie sull'ipofisi (1912) e sui tumori del nervo acustico (1917), mentre la sua biografia in due volumi dell'amico Sir William Osler (1926) è un capolavoro di biografia medica. Cushing prestò servizio di chirurgo militare in Francia durante la Prima guerra mondiale, pubblicando poi un rendiconto delle sue esperienze. Un'altra sua opera, Biobibliograpby of Andreas Vesalius, apparve postuma, nel 1943.
I suoi trattati sui tumori del nervo acustico e le sindromi dell'angolo ponto-cerebelloso (1917), sui meningiorni (in collaborazione con Eisenhardt nel 1938) e sui tumori intracranici trovarono un ampio favore in tutto il mondo e appartengono a pieno titolo alla storia della medicina. Con Percival Bailey, egli stabilì una cospicua classificazione dei gliomi e attribuì a un adenoma basofilo dell'ipofisi una sindrome endocrina che è nota come 'morbo di Cushing'. Divenne poi direttore degli studi sulla storia della medicina.
Contemporanei di Cushing furono numerosi altri studiosi, che portarono enormi contributi al campo della neurochirurgias. Il pioniere americano fu William Keen (1837- 1932), di Filadelfia, che recò notevoli contributi alla letteratura chirurgica ed estirpò un tumore cerebrale nel 1888, mentre tra i pionieri europei troviamo il romano Francesco Durante (1844-1934), che introdusse il lembo osteoplastico e il parigino Paul Broca (1824-80), i cui meriti di antropologo non sono inferiori alla sua competenza di anatomico e di chirurgo. Fu uno dei primi ad applicare le conoscenze sulla localizzazione dei centri cerebrali alla diagnosi dei tumori endocranici, tanto che alcuni lo considerano il fondatore della neurochirurgia moderna.
 


LA SCHEDA

Sebbene i più antichi procedimenti chirurgici di cui si ha notizia siano le operazioni al cranio, per le inerenti difficoltà tecniche e l'alto rischio di mortalità il trattamento chirurgico delle malattie del cervello e del sistema nervoso ha avuto una evoluzione lenta. Fino al XX secolo, le conoscenze sull'anatomia e sul funzionamento di questi organi vitali non sono mai state tali da convincere i chirurghi più prudenti a invadere questi tessuti, e i pochi coraggiosi che rischiavano perdevano i loro pazienti con una scoraggiante frequenza. La neurochirurgia ha iniziato ad avere successo solo dopo lunghi studi e con il perfezionamento di procedimenti chirurgici delicati e impegnativi. Colui che le spianò la strada, fornendo alla neurochirurgia una solida base scientifica, fu Harvey Williams Cushing: uomo severo, di forti sentimenti, ricordato dai suoi assistenti più giovani come persona intransigente, dittatoriale e indomita. Tuttavia, il dottor William H. Welch, 'padre' della Facoltà di Medicina dell'Università Johns Hopkins, nel 1931 affermò che Cushing era «indubbiamente uno dei più importanti medici del mondo». Franklin S. Newell osserva che «era un uomo con cui generalmente era molto difficile lavorare, sia per i suoi superiori sia per i suoi sottoposti [...] ma, quando voleva, sapeva essere una delle persone più incantevoli del mondo». John E Fulton — amico, socio e biografo — lo descrive così: «In tutto ciò che faceva era un perfezionista: alle parallele e a tennis, nel laboratorio sperimentale e in sala operatoria, dove cercava di ampliare sempre più gli orizzonti della scienza medica [...] Aveva il temperamento e la sensibilità di un artista, ma aveva anche l'enorme pazienza dello scienziato [...] Insieme a un'inflessibile aderenza ai principi vi erano in lui anche il calore, la vivacità e l'umorismo, che allietavano chi gli stava accanto e costituivano una fonte di incessante diletto per la famiglia e gli innumerevoli amici». Su di lui Elisabeth Thomson scrive: «Dedicando la propria vita alla chirurgia neurologica e ai problemi a essa correlati, fece sì che le operazioni al cervello comportassero rischi solo leggermente più alti di quelli delle operazioni all'addome [...]». E ancora: «Con il suo esempio insegnò a tutti che un medico deve prendere in considerazione non solo l'organo malato, né deve limitarsi all'uomo, ma deve guardare all'uomo inserito nel proprio mondo».
Come disciplina medica, la chirurgia si è sviluppata lentamente attraverso i secoli, man mano che aumentavano le conoscenze sull'anatomia e sulla patologia. Prima che fosse introdotta l'anestesia, a opera del dottor Morton nel 1846, rapidità e destrezza erano qualità indispensabili per il chirurgo; in seguito, benché il numero delle operazioni fosse decuplicato, si registrarono solo minimi progressi sia nella tecnica sia nella medicazione delle ferite. Le complicazioni e il pericolo di infezioni erano ineluttabili. L'introduzione dell'antisepsi, nel 1865, a opera di Joseph Lister, costituì un primo passo avanti; mentre, circa dieci anni dopo, l'adozione di tecniche asettiche nella chirurgia e nella medicazione delle ferite posero le fondamenta di uno straordinario progresso. Sempre più organi del corpo come l'intestino, la tiroide e le ovaie, un tempo considerati intoccabili dai bisturi, entravano ora a far parte della sfera d'azione del chirurgo.
Per quanto riguarda lo sviluppo della neurochirurgia, tuttavia, un'altra scoperta si sarebbe rivelata essenziale: la dimostrazione, nel 1870, a opera di Fritsch e Hitzig, dell'eccitabilità elettrica della corteccia cerebrale dei cani. Ciò aprì un campo di ricerca completamente nuovo, e i ricercatori cercarono di capire quali parti del cervello e del midollo spinale controllassero i vari organi e le varie funzioni fisiologiche. Verso la fine del XIX secolo alcuni ricercatori, per la maggior parte inglesi, iniziarono a esplorare il cervello: Sir Charles Sherrington studiò le scimmie antropoidi, Sir William Macewen eseguì per la prima volta un'operazione per la rimozione di un tumore al cervello nel 1879, e Sir Victor Horsley lo emulò nel 1887. Fu proprio Horsley, uomo di grande coraggio, a introdurre, asportando per la prima volta un tumore al midollo spinale, l'uso del lembo curvo di cuoio capelluto per conservare le riserve di sangue, e a inventare la cera ossea per tenere sotto controllo le emorragie. Anche le ricerche sul sistema nervoso, condotte in Spagna da Santiago Ramón y Cajal, contribuirono molto allo sviluppo della neurochirurgia. Fu in questo quadro pionieristico che, verso la fine del XIX secolo, il giovane Cushing intraprese la sua carriera di medico.
Harvey Cushing nacque a Cleveland (Ohio), l'8 aprile 1869, figlio, nipote e pronipote di medici. Nel 1835 il suo bisnonno, Erastus Cushing, era giunto nello Stato occidentale dell'Ohio dal Massachusetts. Il padre, Henry Kirke Cushing, laureato alla Facoltà di Medicina dell'Università della Pennsylvania, esercitò la professione a Cleveland per quasi tutta la vita. Kirke e Betsey Williams Cushing ebbero dieci figli, sette dei quali vissero fino all'età matura; Harvey era il più piccolo: insieme al fratello Edward era destinato a portare avanti la tradizione medica di famiglia.
Harvey si iscrisse all'Università di Yale nel 1887, si laureò nel 1891 e quello stesso autunno entrò all'Harvard Medical School. Il giorno che un paziente morì mentre gli stava somministrando un anestetico, si avvilì a tal punto che pensò di abbandonare gli studi di medicina; ma superò lo shock elaborando un sistema per tenere sotto controllo la respirazione e le pulsazioni nel corso delle operazioni. Successivamente, vi aggiunse anche il monitoraggio della pressione sanguigna. Questi furono contributi essenziali per la tecnica dell'anestesia e per la sicurezza dei pazienti sottoposti a interventi chirurgici. Inoltre, durante l'ultimo anno di studi ebbe l'opportunità di lavorare con il dottor J. W. Elliot, che aveva studiato a sua volta a Londra con Horsley. L'assistere agli interventi sui tumori al cervello eseguiti da Elliot ebbe indubbiamente una certa influenza sul giovane studente nella scelta della specializzazione.
Dopo aver conseguito cum laude il dottorato a Harvard nel giugno del 1895, Cushing iniziò un anno di internato presso il Massachusetts Generai Hospital. Nel dicembre del 1895 Wilhelm Conrad Róntgen scoprì i raggi X e Cushing fu tra i primi a sperimentarli all'Ospedale di Boston.
Nell'autunno del 1896 Cushing si trasferì a Baltimora, dove lavorò come chirurgo interno insieme al dottor William S. Halsted, direttore del reparto di chirurgia al Johns Hopkins Hospital. Halsted era allora uno dei più importanti chirurghi americani e sia la nuova Johns Hopkins Medical School, sia l'Ospedale fervevano di un'intensa attività. L'energia e la bravura di Cushing si adattavano perfettamente al luogo, tuttavia il suo carattere difficile gli causò dei problemi: tra lui e Halsted non c'era infatti una buona intesa, anche se in seguito i loro rapporti sarebbero diventati di rispetto reciproco. Durante i primi quattro anni all'Hopkins, Cushing gettò le basi di una profonda amicizia con il dottor William Osler e con il dottor Welch, inoltre la sua innata abilità artistica venne stimolata dall'amicizia con Max Broedel, il grande medico artista dell'Hopkins. Cushing cominciò a farsi un nome per i suoi studi sulla vescica biliare, per le operazioni di riparazione dell'intestino perforato dalla febbre tifoide e per le sue splenectomie. Fu sempre all'Hopkins che egli eseguì la sua prima resezione dei gangli gasserici, allo scopo di alleviare il dolore insopportabile causato dalla nevralgia del trigemino.
Nel giugno del 1900 Cushing si imbarcò per l'Europa. Convinto che la neurochirurgia sarebbe stata il suo campo di specializzazione (anche se a quell'epoca esisteva ancora a malapena come specializzazione), andò a trovare a Londra il dottor Horsley; visitò l'Hunterian Museum e diversi ospedali di Londra e di Parigi. A Berna avviò una piacevole e proficua collaborazione con il chirurgo Theodor Kocher e con il fisiologo Hugo Kronecker. Nei loro laboratori effettuò alcuni esperimenti sull'impatto della pressione del sangue sulle pulsazioni e sulla pressione intracranica. Poi visitò l'Italia, e quindi trascorse un mese con il dottor Sherrington a Liverpool, dove assistette a delle craniotomie sugli antropoidi.
Ritornato all'Hopkins nel 1901, Cushing cercò d'intraprendere una carriera nell'ambito della neurochirurgia. A dispetto della scarsità di pazienti neurologici idonei e del tasso spaventosamente alto di mortalità postchirurgica, egli si batté per raggiungere il proprio obiettivo. Uno dei contributi dati da Cushing all'Ospedale Johns Hopkins fu la fondazione, nel 1905, dell'Hunterian Laboratory in onore di John Hunter, famoso anatomista londinese. Il laboratorio divenne un centro per l'insegnamento e la ricerca nel campo della chirurgia.
Nel giugno 1902 Cushing sposò la fidanzata della sua gioventù, Katharine Crowell, e presero casa accanto agli Osler, dei quali furono grandi amici per tutta la vita. Ebbero cinque figli, per i quali il dottore nutriva un grande affetto, anche se dedicava loro poco tempo, dal momento che lavorava e faceva lavorare i suoi colleghi senza risparmiarsi. Il fatto che molti suoi pazienti fossero destinati a morire era per lui un'ulteriore fonte di preoccupazione, ma aveva imparato dal padre a rilassarsi collezionando libri, hobby che ricevette un forte impulso dall'amicizia con Osler.
Sin dall'inizio, Cushing si rese conto che nella chirurgia cerebrale era indispensabile migliorare le tecniche: infatti il suo successo fu dovuto anche alla scrupolosa attenzione per il dettaglio e al continuo sforzo teso a continui miglioramenti. Particolarmente spinoso era il problema del controllo delle emorragie. Nel 1904 Cushing mise a punto un laccio emostatico cranico che si dimostrò molto efficace, e nel 1908 iniziò a studiare e a operare l'ipofisi, che è situata molto all'interno del cranio ed è strettamente collegata al cervello e alle funzioni fisiologiche. Nel 1912 pubblicò un libro, Il corpo pituitario e i suoi disturbi, nel quale documenta cinquanta operazioni. Tale ghiandola, e i tumori che la riguardano, sarebbero stati al centro dei suoi interessi per il resto della sua vita, tanto che una malattia dell'ipofìsi, che egli descrisse per la prima volta nel 1932, è stata chiamata 'sindrome di Cushing'.
Il metodo di ricerca di Cushing è stato descritto come intuitivo: una volta elaborata una teoria, l'obiettivo delle sue ricerche era dimostrarne l'esattezza. Diverse volte gli esperimenti dimostravano effettivamente che la teoria iniziale era giusta; altre volte, invece, anche se la sua idea si rivelava errata, egli aveva difficoltà ad abbandonarla.
Durante la permanenza all'Hopkins, che durò fino al 1912, Cushing ricevette parecchie offerte di docenze universitarie e altri incarichi nelle più importanti facoltà di medicina e ospedali, ma la sua meta era una sola: Harvard. Finalmente, quando a Boston iniziò la costruzione del Peter Bent Brigham Hospital, a Cushing fu offerto l'incarico di Primario di Chirurgia dell'Ospedale e la cattedra di chirurgia presso l'Università dove si era laureato, la Harvard Medical School. Questa volta accettò. Ad Harvard contribuì all'approvazione della nuova normativa relativa ai docenti, che fissava il pensionamento obbligatorio all'età di 63 anni; in seguito avrebbe rimpianto tale adesione.
La Prima guerra mondiale interruppe le attività di Cushing a Boston e, dal 1915 al 1919 egli fu in Francia, inizialmente con gli Inglesi e poi con le forze di spedizione americane. Alcuni estratti particolarmente vividi dei suoi diari di guerra furono pubblicati parecchi anni dopo, nel 1935. Durante la guerra, si manifestò per la prima volta la patologia vascolare alle gambe, che l'avrebbe afflitto per il resto della sua vita.
Dopo la guerra Cushing riprese l'insegnamento e la pratica della neurochirurgia, svolgendo un'attività pionieristica nel campo della chirurgia cerebrale. L'esame attento dei pazienti, sia prima sia dopo l'operazione, e l'elaborazione di tecniche estremamente delicate permisero di ottenere un maggior numero di successi, di eseguire operazioni più audaci e di ridurre del rischio di morte. Egli fu responsabile dell'elaborazione di nuovi procedimenti, nuovi strumenti e nuove misure di sicurezza che salvarono la vita a numerosi pazienti, permettendo a molti di loro di tornare alle occupazioni quotidiane. Durante gli ultimi quindici anni della sua attività a Boston, medici e studenti venivano da ogni parte del mondo per assistere alle sue operazioni, o per trascorrere un periodo di studi con lui. Egli fondò inoltre lo Harvard Experimental Surgery Laboratory, un'istituzione simile allo Hunterian Laboratory della Hopkins. Un importante passo avanti compiuto da Cushing nel 1926 fu l'applicazione dell'elettrochirurgia alle operazioni neuro-chirurgiche; nello stesso anno, ricevette il premio Pulitzer per l'opera in due volumi intitolata La vita di Sir William Osler. Nel 1930 il matrimonio della figlia Betsey con James Roosevelt costituì un avvenimento importante per la famiglia Cushing, perché avrebbe portato il neurochirurgo a stretto contatto con il governatore Franklin D. Roosevelt. Successivamente, infatti, durante i primi anni della presidenza di Roosevelt, Cushing fece parte di una serie di importanti comitati consultivi governativi.
Nel 1931 Cushing aveva portato a termine ben duemila operazioni di cancro al cervello, un record senza precedenti. Nel 1932, insieme a Percival Bailey, illustrò questi duemila tumori al cervello nel libro Tumori intracraniali,; nello stesso anno pubblicò anche Il corpo pituitario e l'ipotalamo. La sua opera più importante, Meningiomi, scritto insieme alla dottoressa Louise Eisenhardt, fu pubblicato nel 1938.
Nel corso della sua carriera Cushing fece molti viaggi all'estero e divenne amico di molti dei neurologi più importanti del mondo. Tenne delle conferenze in diverse occasioni, ricevette molte onorificenze e offerte di partecipazione onoraria a varie organizzazioni mediche, nonché una ventina di lauree ad honorem dalle grandi università.
La norma sul pensionamento obbligatorio lo colpì nel 1932: egli si adattò con difficoltà a questa nuova situazione. Gli succedette il dottor Elliott Cutler, suo ex allievo. Il fatto di non essere stato invitato a ricoprire il ruolo di consulente anziano ferì profondamente la sensibilità di Cushing.
L'anno successivo, convinto da alcuni amici e in particolare dal dottor John E Fulton, allora docente di fisiologia, accettò la nomina di professore di neurologia all'Università di Yale. La dottoressa Louise Eisenhardt, che aveva iniziato come sua segretaria e poi si era laureata in medicina, lo raggiunse a New Haven, portando da Boston tutti i suoi campioni di tumori al cervello. Insieme, fondarono un nuovo particolarissimo istituto: il Brain Tumor Registry.
Nel corso degli anni l'interesse di Cushing per i libri di storia della medicina e in particolare per le opere di Vesalio era andato aumentando; aveva continuato a collezionare libri con entusiasmo, insieme agli amici Arnold Klebs, di Nyon, in Svizzera, e al dottor Fulton. A un certo punto stipulò con loro un accordo secondo il quale avrebbero riunito le proprie collezioni per donarle alla Facoltà di Medicina dell'Università di Yale. Così Cushing iniziò a catalogare e a ordinare tutti i suoi libri e documenti, facendo pressione su Yale affinché provvedesse a dare una sede confacente alla futura Biblioteca di storia della medicina.
Nel dicembre 1937 andò definitivamente in pensione, diventando Professore Emerito, ma continuò a tenersi occupato con il progetto della biblioteca. Sebbene i suoi disturbi al sistema vascolare gli impedissero di viaggiare, continuavano a giungergli parecchi riconoscimenti. l'8 aprile 1939 la Harvey Cushing Society gli rese omaggio per il suo settantesimo compleanno con un Convegno a New Haven, al quale parteciparono molti dei suoi amici provenienti da varie parti del mondo. Nel giugno 1939 ricevette un'onorificenza particolarmente significativa: divenne il primo chirurgo, e la sesta persona in 250 anni, a essere eletto membro onorario del Royal College of Physicians di Londra. Un mese dopo apprese che l'Università di Yale aveva stanziato 600.000 dollari per la Biblioteca di medicina, un'ala della quale sarebbe stata dedicata alla storia.
Il dottor Cushing cessò di vivere il 7 ottobre 1939 in seguito a un infarto. Nel suo testamento lasciò la collezione di libri a Yale, nominando il dottor Fulton suo 'esecutore letterario' e istituì anche un fondo per la catalogazione e la sistemazione della raccolta, allo scopo di facilitarne la consultazione. Nel 1946 Fulton pubblicò una lunga biografia di Cushing.
Le esequie di Cushing si tennero a New Haven, il 9 ottobre: la sua permanenza terrena terminava proprio là dove era iniziata. Le sue ceneri furono portate a Cleveland e collocate accanto a quelle della madre, del padre, della sorella e dei fratelli che l'avevano preceduto.
Ma l'opera del dottor Cushing nel campo della neurochirurgia proseguiva il suo cammino: grazie alla sua abilità di insegnante, aveva trasmesso il suo sapere ai suoi studenti e agli studenti dei suoi studenti, i quali lo portano avanti nelle cliniche e nelle sale operatorie di tutto il mondo.

 

NOTE

1 - Redi si rese conto che le larve di mosca non compaiono nelle sostanze in via di putrefazione per generazione spontanea, se la carne viene coperta in modo da impedire l'accesso alle mosche. Partendo da questo semplice esperimento, cui nessuno prima aveva pensato, egli dedusse che la teoria, generalmente accettata, della generazione spontanea, era fallace. Soltanto la vita, egli disse, può dar origine alla vita: «omne vivum ex ovo». Il suo principale critico fu il prete cattolico inglese Needham, quale continuò a sostenere il dogma della generazione spontanea fino a quando Spallanzani non ne dimostrò l'inconsistenza. Intorno alla stessa epoca, il parassitologo italiano Francesco Redi (1626-98) raggiunse conclusioni di grande importanza, di cui riferisce nelle sue Osservazioni intorno agli animali viventi che si trovano negli animati viventi (1684), opera fondamentale sui parassiti animali. A distanza di un secolo questo ragionamento fu trasferito dalle larve ai microbi da Lazzaro Spallanzani (1729-99), che dimostrò che i microrganismi non si sviluppano in recipienti portati a una temperatura elevata e sigillati; non si ebbero altri notevoli progressi in questo campo fino a quando comparve sulla scena Pasteur, dal quale Lister derivò l'impulso per le sue innovazioni.

2 - Il chirurgo vestiva una vecchia giacca intrisa di sangue, e portava all'occhiello i fili di seta per le legature; durante il lentissimo processo di guarigione, il pus 'benefico' che gocciolava dalle ferite veniva raccolto in un vassoio di zinco, onde è facile immaginare il fetore dei reparti chirurgici, che tuttavia era ancora il minore dei mali. Al disgraziato paziente si richiedeva una notevole dose d'eroismo se, dopo aver subito la tortura dell'operazione senza anestesia, doveva affrontare le sofferenze e i pericoli della ferita infetta; quanto al chirurgo, gli occorreva non solo «l'occhio dell'aquila, la forza del gigante e la mano d'una dama», ma anche un'abilità manuale e una destrezza eccezionali.

3 - Nessuno volle ascoltare Hickmann, che fu considerato un mattoide e morì di crepacuore a soli ventinove anni.

4 - Horsley nel 1891 e Krause nel 1892 prevedono anch'essi un trattamento chirurgico di questa affezione, per combattere la quale, a detta di Trousseau, al malato non restava che ricorrere all'oppio o al suicidio.

5 - Nel 1901 Charles Harrison Frazier consiglia di praticare invece una neurotomia subtotale retrogasseriana sulla radice sensitiva del trigemino; le sue statistiche, riferite a 700 pazienti, parlano di una mortalità ridotta allo 0,5%, con assenza di deficit motorio duraturo e con rare cheratiti.

6 - Ciò era avvenuto nel 1884 e Wilfred Trotter, in una commemorazione tenuta cinquant'anni più tardi, deplorandone l'oblio, volle tramandare il nome del paziente, un giovane Henderson, nato a Dumfries, come protagonista di un avvenimento capitale.

7 - Il suo Pyogenic Diseases of the Brain and Spinal Cord (Glasgow 1893) è un classico della letteratura medica.

8 - Walter Dandy (1886- 1946) praticò le prime ventricolografie, inizialmente consigliando di operare attraverso la fossa cerebrale posteriore nel trattamento della nevralgia facciale, ma anche di sezionare le fibre vestibolari dell'ottavo per migliorare le vertigini di Ménière. In una monografia apparsa nel 1944 studiò gli aneurismi sacculari e arterio-venosi intracranici che si potevano ormai sottoporre a trattamento chirurgico. Dedicò poi lavori specifici ai tumori dell'orbita e all'idrocefalia. Con Walker individuò una malformazione propria del quarto ventricolo. In Francia René Lariche (1899-1955) studiò contemporaneamente le affezioni vascolari e i disturbi vasomotori, la chirurgia del dolore e quella del simpatico. Thierry de Marte!, figlio della contessa de Marte! (nota in letteratura con lo pseudonimo di Gyp) fu, al di fuori del quadro propriamente ospedaliero e universitario, il primo neurochirurgo; questo grande aristocratico non riuscì tuttavia a sopportare la vista delle truppe tedesche che occupavano la capitale francese e nel 1940 mise fine ai suoi giorni. Il campo della neurochirurgia si era nel frattempo notevolmente ampliato; nel 1930 Alajouanine e Petit-Dutaillis riportavano sulla «Presse Médicale» due osservazioni sull'emisindrome della coda di cavallo, che risultava essere una conseguenza di una compressione delle radici da parte di una sporgenza del disco intervertebrale. Attribuirono tale protuberanza a una di quelle ernie del nucleus puiposus che Schmorl aveva osservato su un cadavere nel 1928, e precisarono che un'ernia simile poteva dare origine a una nevralgia sciatica.


 

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